La “marcia” di Roma

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Passato ogni limite

Non ho sbagliato la preposizione e “marcia” non è un sostantivo, non si tratta di quelle migliaia di cialtroni che 103 anni fa marciarono sulla capitale ma di chi da loro ha ereditato un corredo genetico che sfida la definizione delle enciclopedie: Marcio, ma incredibilmente senza segni di decomposizione o putrefazione.
Un marcio fresco di giornata che si ripropone quotidianamente da 844 giorni. Dalle velleità autoritarie e repressive del decreto anti-rave fino alla sconcezza di ieri, quella di definire “tossica” la lotta sindacale che ha trasformato i nostri padri e nonni da servi in lavoratori.
Neppure il delinquente che un secolo fa aspettava i cialtroni sopracitati a Palazzo Venezia avrebbe osato tanto, anche lui avrebbe voluto sindacati complici degli imprenditori e asserviti al potere politico ma tentò di dissimularlo riesumando dal Medio Evo le corporazioni. Oggi non abbiamo neppure la scusa di quella odiosa e pietosa menzogna, chi comanda ce lo spara in faccia senza pudore tra gli applausi dei suoi accoliti.
Politicamente marcia, lei e chi la sostiene.
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Mario Piazza