DA REDAZIONE
Graziella Di Mambro da ARTICOLO VENTUNO –
Un mese di scandalo Paragon, lo spyware capace di bucare Whatsapp ha logorato molte certezze e anche un po’ il Governo, che continua a fare errori e persino a smentire se stesso. E’ una storia di spionaggio, persino maldestro, che non si doveva sapere ma che è venuta fuori grazie a Meta che ha informato gli spiati mandano in frantumi tutte le versioni istituzionali. Il più spiato di tutti è Luca Casarini, impegnato con Mediterranea a salvare il maggior numero possibile di migranti e in questo modo è diventato il tassello più scomodo nella narrazione governativa sulla migrazione e soprattutto sui Paesi “amici” del Nord Africa. Perché Casarini ha le prove (letteralmente) che i migranti in mare vengono picchiati, bastonati, costretti a rientrare con l’uso di motovedette che abbiamo fornito noi, anzi il nostro Governo. E conosce avvocati dei diritti umani che descrivono qual è la situazione in Tunisia o nelle carceri libiche. Tutto ciò sarebbe meglio se non si venisse a sapere, perché non coincide con la vulgata dell’emergenza-immigrazione.
Il “fronte libico” di questa vicenda di spionaggio è stato citato anche nella conferenza stampa che si è tenuta la scorsa settimana in Parlamento Ue. E lì è stata chiesta la costituzione di una commissione d’inchiesta. A che punto è, lo sa?
“E’ stata proposta da 33 parlamentari alla Presidente Roberta Metsola e speriamo possa essere accolta, anche se non è semplice. Comunque un’analisi degli effetti di sistemi di captazione complessi sui diritti e la democrazia va fatta. Sappiamo che prima di questo ci sono stati altri casi in Gran Bretagna e in Grecia e che sono coinvolti più Paesi europei. Il punto è che qui non è in ballo solo il quesito tecnico, ossia cosa è successo, cosa è stato o non è stato spiato, captato, copiato. No, è qualcosa di più ampio e riguarda i diritti e qual è il perimetro di libertà che resta ai singoli e alle società. Io credo che il dibattito sia globale e afferisca un modo di fare di molti Stati, dalla Francia, agli Usa, all’Italia, Paesi che “temono” una diversa rappresentazione delle cose, temono le associazioni umanitarie e di difesa dei diritti civili e in questo si inserisce il ruolo del ‘Grande Fratello’. La riflessione sugli effetti di questo tipo di situazione è in corso da anni, se ne parlava già nel 2001″.
Perché spendere così tanta energia e denaro per spiare gli attivisti umanitari?
“Penso, perché le organizzazioni umanitarie sono diventate un problema. Esse documentano le deportazioni di massa, così debbono essere chiamati i fenomeni di migrazione cui assistiamo. E tutto questo cade in un mondo che fino ad alcuni anni fa non avrebbe accettato le violazioni dei diritti umani e civili cui, invece, ci si sta quasi abituando adesso. Le organizzazioni umanitarie forniscono una lettura alternativa, hanno dati, contatti. E sono sgradite. Se ci pensiamo bene tutto ciò, nel complesso, integra quel concetto di ‘democrazia illiberale’ di cui ha parlato Orban. Il diritto internazionale è considerato un ostacolo, così come l’attività delle Ong sui diritti umani”.
Per tornare alle “piccole cose nostrane”, gli attivisti e lei in particolare hanno anche prove vere su come vengono utilizzati i soldi che l’Italia manda a certi Paesi del Nord Africa. E probabilmente questo è l’elemento sgradito, no?
“Sì, anche questo. Sappiamo che le motovedette italiane vengono usate per inseguire i migranti e bastonarli e le jeep italiane solcano il deserto libico. Parliamo con avvocati dei diritti umani che ci raccontano cosa succede nelle carceri, queste sono le informazioni che trapelano tramite le Ong mentre gli attivisti vengono spiati e non si sa da chi. Non è accettabile. Il punto di caduta è che stiamo utilizzando i Paesi del Nord Africa per fare il lavoro sporco contro i migranti, ora è chiaro. E c’è il timore che questa verità venga del tutto a galla perché laggiù, in realtà, è tutto in mano ai signori della guerra, a persone spietate, gente che poi ti ritrovi ai vertici di apparati burocratici di quegli Stati come si è visto con Almasri. Noi parliamo, intanto, con chi resiste, con gli attivisti di là e con coloro che testimoniano il reale andamento delle cose, stiamo attuando il nostro Piano Mattei”.
C’entrano qualcosa anche i nostri interessi economici in Nord Africa secondo lei?
“Inutile far finta di nulla, in Nord Africa abbiamo notevolissime presenze e interessi su energia, gas, petrolio. Ora io non voglio dire che lo spionaggio abbia qualcosa a che vedere anche con questo ma dico che bisogna che sia fatta chiarezza a tutto tondo sul caso Paragon anche per queste ragioni”.
Ripartiamo dall’inizio: possibile che non si riesca ad avere la risposta alla domanda su chi vi ha spiato? I Servizi, la polizia penitenziaria, altri?
“Gli elementi conosciuti sono che il sistema Graphite Paragon Solution è stato venduto a diversi Paesi, tra cui l’Italia. Sappiamo che è uno spyware che può essere venduto solo a Governi, non ai privati. Quindi se lo abbiamo acquistato legalmente ed è stato utilizzato nei modi consentiti, perché non dirlo? Inoltre: tutto ciò che ipoteticamente è stato raccolto illegalmente non potrà mai essere usato in alcun processo, in quanto, appunto, frutto di attività illecita. Ma allora a che è servito? A creare dossier, siamo in un’epoca di dossieraggi? Ma favore di chi? Poi c’è anche altro e riguarda la risoluzione del contratto da parte di Paragon Solution, decisione applicata solo verso l’Italia perché, così abbiamo appreso, si è avuta una violazione dei protocolli, pur assai stringenti nell’uso del sistema. Ciò indica che in Italia ci sono state quelle violazioni e già questo è un elemento più che allarmante. Mi chiedo: perché con gli altri Paesi acquirenti non c’è stata rescissione del contratto? Intercettazioni così delicate sono possibili solo su autorizzazione della Corte d’Appello e sono in caso di ipotesi di reato gravissime, ossia minacce alla sicurezza della Repubblica e terrorismo internazionale. Dov’è la traccia di tutto ciò? E’ fondamentale a questo punto sapere chi ha autorizzato cosa, stante il fatto che già emergono diverse anomalie. Ho la sensazione che questa storia doveva andare avanti in gran segreto e che per un ‘problema tecnico’ è saltato il coperchio e ora non si sa come spiegarla”.
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Graziella Di Mambro dalla redazione di
21 Febbraio 2025
Foto in copertina da La 7