Caso Delmastro: ricapitoliamo…

DI FABIO SALAMIDA

REDAZIONE

 

Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia condannato, resta al suo posto perché secondo lui e secondo il signor presidente Giorgia sarebbe vittima di una “sentenza politica”.
Peccato che giudici “rossi” sarebbero quelli della Procura di Roma, ovvero quelli che avevano chiesto l’archiviazione per il sottosegretario condannato.
Questa cosa dimostra che la separazione delle carriere è una minchiata inutile, perché se una persona è accusata di un reato e il giudice decide che è colpevole puoi separare quello che ti pare, sempre colpevole resta.
Ora ci troviamo il paradosso di un sottosegretario alla Giustizia (ribadisco, non un sottosegretario ai mangimi per pesci rossi, ma alla Giustizia) che non vuole mollare la poltrona pur avendo ricevuto una condanna per un fatto abbastanza grave.
Un fatto che, tra l’altro, palesa uno sprezzo per le regole di uno Stato democratico: Andrea Delmastro Delle Vedove ha rivelato delle informazioni riservate a Giovanni Minnie Donzelli, che da bravo Minnie Donzelli le ha utilizzate in modo strumentale per attaccare le opposizioni.
Un fatto grave, che si aggiunge ad altri fatti gravi come il caso Almasri e il caso Paragon, fatti che fanno ipotizzare un utilizzo degli apparati dello Stato più simile a quello dei tempi del pendolo di piazzale Loreto che a quello che converrebbe a un Paese democratico.
Un fatto che coinvolge un sottosegretario che recentemente, parlando delle nuove auto in dotazione alla polizia penitenziaria, ha detto testualmente: “Per me è un’intima gioia l’idea di far sapere ai cittadini come incalziamo e non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato”.
I sondaggi e i risultati delle ultime tornate elettorali ci dicono che oltre mezza Italia schifa questa gente. E no, non ha idee diverse, li schifa proprio. Forse sarebbe ora che i partiti che rappresentano tutta questa gente trovino una quadra.
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Fabio Salamida