DI ALFREDO FACCHINI
La spesa militare
La spesa militare dell’Italia per il 2024 si aggira intorno ai 32 miliardi di euro, pari all’1,5% del PIL, in aumento rispetto ai 28 miliardi del 2023. Ora la ducetta, con un diploma dell’alberghiero e una passione per le parate militari, propone di portarla al 2,5% del PIL. Questo significherebbe un aumento di circa 25 miliardi di euro all’anno, facendo lievitare la spesa totale per la difesa da 32 a 57 miliardi.
Domanda facile facile: dove li prenderebbe questi miliardi? Dai soliti noti, ovviamente. Tagliando sanità, scuola, welfare, trasporti — tutto ciò che non spara. Del resto, i bilanci pubblici sono come le cucine di un ristorante: se si decide di puntare tutto sulla carne, bisogna sacrificare il contorno. E qui, a quanto pare, si preferisce servire bombe ben cotte, anziché pane per tutti.
La spesa militare in Italia è aumentata del 60% negli ultimi dieci anni e di circa il 77% negli ultimi cinque. Dal dopoguerra a oggi, il Paese ha investito enormi risorse nella difesa, destinando negli ultimi anni tra i 28 e i 32 miliardi di euro all’anno. Complessivamente, quindi, l’Italia potrebbe aver speso oltre 1.000 miliardi di euro per il settore militare dal 1945 a oggi.
Il bilancio per la difesa copre diverse voci, tra cui stipendi e pensioni per il personale militare, che costituiscono oltre il 60%. Tutto questo carrozzone a che serve? Chi ci attacca?
L’Italia confina con sei paesi:
a ovest con la Francia, a nord con la Svizzera, a nord-est con l’Austria, a est con la Slovenia, e all’interno del suo territorio con San Marino e il Vaticano.
Oltre ai confini terrestri, è circondata dal mare: a sud dal Mar Mediterraneo, a ovest dal Mar Tirreno, a est dal Mar Adriatico e a nord-ovest dal Mar Ligure. Questi confini marittimi la collegano ad altre nazioni, tra cui Grecia, Tunisia e Croazia.
Chi ci attacca?
Intravedete qualche superpotenza cattivona all’orizzonte? Dal punto di vista geopolitico, è altamente improbabile che un Paese attacchi l’Italia, considerando la sua appartenenza alla NATO, il che garantisce protezione collettiva ai sensi dell’Articolo 5 (un attacco a un membro è considerato un attacco a tutti).
Tutto questo senza tener conto che il nostro Paese “ospita” oltre cento basi NATO disseminate su tutto il territorio e decine di testate nucleari distribuite fra le basi di Aviano e Ghedi.
Magari un Calenda qualsiasi teme un’invasione via terra delle armate di Putin? Basta aprire una cartina geografica, prendere un compasso e un righello: la distanza tra Roma e Mosca è di circa 2.300 km in linea d’aria. Siamo seri. Diverso sarebbe il caso di un attacco nucleare, ma a quel punto si parlerebbe della fine del mondo. Siamo seri.
Le capitali europee sarebbero colpite in meno di 15 minuti, mentre gli Stati Uniti avrebbero circa 25-30 minuti di preavviso. Avangard, Kinzhal, Zircon: sono i nomi dei missili ipersonici russi che viaggiano a velocità comprese tra Mach 8 e Mach 27. Un Kinzhal se lanciato da Kaliningrad potrebbe colpire Londra, Parigi e Roma in 6-10 minuti.
Conclusioni:
siamo di fronte a una colossale truffa. L’Europa neoliberista, che presenta il riarmo come motore della crescita e resuscita Keynes in uniforme mimetica, è una tragica farsa.
Che fine ha fatto l’arte della diplomazia? Un vezzo d’altri tempi, ci dicono. Chi osa parlare di negoziato è un eretico, chi chiede prudenza è un pavido, chi dubita è un complice del nemico. Si marcia, si applaude, si obbedisce. Avanti, dunque, verso il radioso futuro del “keynesismo militare”, dove il benessere è un concetto sorpassato e la sola sicurezza concessa è quella di un perenne stato d’allerta.
Pagliacci.
.
Alfredo Facchini