DI PIERO ORTECA
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Trump sospende tutti gli aiuti militari all’Ucraina. Fino a quando il presidente Usa non avrà determinato la «buona fede dell’impegno di Kiev verso la pace». Trump rincara la dose contro Zelensky e Bruxelles. «E l’Europa ha dichiarato apertamente di non potercela fare senza gli Usa. A cosa stanno pensando?». Dubbio nostro: «con che America ha a che fare oggi il mondo?»
Primi pentimenti silenziosi e interessati
Sorpresa: gli americani, anche quelli che l’hanno votato turandosi il naso, forse già cominciano a pentirsi di Trump. Amaramente. La simpatia e l’antipatia sono sentimenti importanti, ma spesso indolori. Quando qualcuno, invece, ci tocca le tasche, le cose cambiano, perché viene messa in discussione la nostra qualità della vita. Una breve premessa, questa, per capire gli umori dei cittadini statunitensi, in tempo reale, nei confronti del tycoon. Perché i numeri sono come pietre, lasciano il segno e si rivelano incontestabili.
Tre perché ha vinto lui
Dunque, il nuovo Presidente ha battuto Kamala Harris, dicono legioni di politologi, sostanzialmente su tre terreni: economia (a partire dall’inflazione percepita), immigrazione irregolare e aumento esponenziale della microcriminalità (quasi sempre legata al dilagare del consumo di fentanyl). Trump ha giurato meno di un mese e mezzo fa, ed è quindi troppo presto per azzardare ‘diagnosi’ sull’inizio del suo mandato. Però… però i tempi dell’economia sono diversi, un po’ ‘asimmetrici’, in quanto intrisi di un carico notevole di aspettative psicologiche. Questo significa che gli americani, dopo 40 giorni di trumpismo galoppante, fatto di un profluvio di ordini esecutivi, cominciano a storcere il naso.
Dalle parole ai fatti
Secondo l’ultima media ponderata, elaborata tra i principali istituti di statistica da RealClearPolitics, le reazioni degli elettori alle prime mosse dello Studio Ovale sono negative. In particolare, il “job approval” (cioè il consenso sul lavoro di Trump) riguardante la lotta all’inflazione è sceso fino al 41,3%. Una percentuale che potremmo definire ‘alla Biden’. Questo perché l’inflazione ha ripreso a salire (adesso è intorno al 3%), ma anche perché (o soprattutto) nella percezione dei consumatori, quello che “vola veramente” è il carrello della spesa. Il timore di una ripartenza della spirale al rialzo dei prezzi, è un sentimento molto diffuso negli Stati Uniti di questo periodo. Il furioso approccio protezionistico vaticinato da Trump, per difendere la sua bilancia commerciale, rischia di avere dei pesanti effetti boomerang. In ultima analisi, dalle politiche tariffarie e dai dazi doganali gli americani si aspettano prodotti che costeranno di più. Da qui la loro perdita di fiducia.
Wall Street non è Elon Musk
Ma il marasma, a livello più alto, coinvolge anche i mercati finanziari di Wall Street. C’è molta incertezza sulla direzione che potrebbe prendere l’economia del Paese e, soprattutto, sul rapporto abbastanza travagliato che si profila tra lo stesso Trump e il Presidente della Federal Reserve, Jérome Powell, che dovrà decidere quando (e se) abbassare i tassi. Questo condiziona anche il sondaggio col quale il Paese giudica ora Trump sull’economia: sorprendentemente negativo. Era il suo punto di forza prima delle elezioni, ma adesso l’approvazione si ferma al 46,8%, mentre i contrari, nella media ‘RealClearPolitics’, raggiungono quasi il 50% (49,7%).
Comparto finanziario
Però, come fa notare il New York Times, le preoccupazioni più tangibili (e giustificate) in questo momento, sono quelle del comparto finanziario. E il motivo è semplice: il prossimo appuntamento elettorale ‘di peso’ è rappresentato dalle elezioni di ‘Mid term’, tra due anni. Per ora chi è, invece, veramente sulle spine è il mondo di Wall Street. «Le aspettative di inflazione sono aumentate quest’anno – scrive il NyT – tra le preoccupazioni che i piani tariffari del signor Trump, insieme alle deportazioni di massa, potrebbero riaccendere gli aumenti dei prezzi in tutta l’economia. Un’inflazione ostinata significa che i tassi di interesse controllati dalla Fed probabilmente rimarranno elevati più a lungo». Il giornale prosegue citando le voci preoccupate (qualcuna addirittura allarmata) degli analisti finanziari, che denunciano una brusca caduta della spesa dei consumatori.
Menzogna del ‘bengodi’
Prospettive poco rosee per l’economia americana. Come avverte il Washington Post, “secondo un’analisi dei dati sul commercio internazionale del Census Bureau, pomodori, magliette, petrolio greggio e automobili sono tra i prodotti che potrebbero aumentare di prezzo a causa dei nuovi dazi doganali”. Il che spiega i mutati umori i dell’elettorato registrati da RealClearPolitics. Naturalmente, tutto questo porta a un riposizionamento politico nel campo democratico. Il Governatore della California, Gavin Newsome, astro nascente del partito, potrebbe essere un probabile candidato alla Casa Bianca nel 2028.
Il Partito democratico esiste ancora
Il suo progetto «California Jobs first economic blueprint» elaborato dopo gli incendi di Los Angeles. «L’incapacità dello Stato della California di uscire dai propri schemi – ha detto, come riporta il WSJ – sta causando molti dei suoi problemi, tra cui senzatetto, alloggi, il problema della nostra competitività, la nostra base imponibile, tutto». E ha aggiunto: «Ora ci stiamo togliendo dagli schemi, per quanto riguarda questa mentalità, che deve essere mantenuta andando avanti».
“Rispetto alle sue precedenti posizioni, sembra quasi una dichiarazione di guerra a Trump. Intanto, ha firmato una legge, che stanzia 50 milioni di dollari ‘per spese legali’, nelle prossime battaglie che il suo Stato dovrà fare contro le intromissioni del governo federale in tema di immigrazione. California, ultima frontiera dei diritti umani per i migranti messicani, insomma. E forse non soltanto per loro.”
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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di
4 Marzo 2025