DA REDAZIONE
Ottavio Olita da ARTICOLO VENTUNO –
Ho sfruttato l’alibi della distanza aerea da Roma per non partecipare alla piazza per l’Europa, ma in realtà avevo molte perplessità.
La prima. Perché indire la manifestazione proprio ora, all’indomani della dichiarazione della Von Der Leyen che di fatto ha proposto di far diventare grigio verde militare la bandiera blu che ospita le stelle rappresentative degli stati uniti d’Europa? Io, che preferirei uno sfondo arcobaleno, i colori della pace!? Poi mi son detto: ma c’è la partecipazione di formidabili associazioni nelle quali mi riconosco, come l’Anpi, la Cgil, Libera, Tavola della Pace, Fondazione Perugia Assisi e soprattutto di Articolo 21, a cui aderisco convintamente fin dal giorno in cui, 23 anni fa, fui coinvolto come fondatore. E perché, invece, ad esempio, l’Arci e Sinistra Futura hanno deciso di non partecipare?
“Noi siamo il popolo”, ha detto – più o meno – Michele Serra nel salutare i 50mila che sabato 15 marzo si sono ammassati in Piazza del Popolo. E sostanzialmente aveva ragione nel definire così tanta gente che forse aveva un unico, comune grande ideale: l’unità europea. Ma quale unità? Per quale Europa?
L’Europa degli armamenti, quella che ha rinunciato e continua a rinunciare alla propria storia, alla propria diplomazia, alla propria democrazia, per derogare su valori fondanti e consentire varie aggregazioni solo in nome di interessi economici e finanziari? O l’Europa dei fondatori che nel mondo diviso a blocchi, ai tempi della guerra fredda, le assegnava il compito di far dialogare i popoli e gli Stati, di favorire gli incontri e non gli scontri? Come ci si può riconoscere nella nuova e inedita guerra fredda proposta a chiare lettere dalla Von Der Leyen? Quale delle tante anime diverse di quella piazza avrebbe avuto più voce? Quella con l’elmetto oppure l’altra con ramo d’ulivo e colomba della pace? Se quei 50 mila avessero potuto esprimere una scelta, quale sarebbe stato il risultato?
Fatte queste considerazioni, ritengo molto importante che il rifiuto della guerra, delle armi, dei conflitti sia stato portato in quella piazza con tanta energia. Quale ricaduta avrà tutto questo sulla politica europea? Chi avrà il coraggio di tirare la giacca delle interpretazioni verso l’affermazione che i 50 mila hanno confermato il percorso attuale dell’Ue del Parlamento Europeo?
“La lotta contro la politica di riarmo e per la distensione è indispensabile non soltanto per scongiurare all’umanità il rischio dell’olocausto, l’apocalisse di tante Hiroshima e Nagasaki, ma è indispensabile perché la corsa agli armamenti e l’acuirsi della tensione tagliano alle radici ogni possibilità di soddisfare le esigenze di vita, di progresso, di sviluppo che erompono da ogni angolo della terra, qui da noi, nei paesi sviluppati e soprattutto dalle sterminate aree dell’arretratezza, del sottosviluppo, della fame (…). Non si tratta solo della constatazione, ovvia, che i soldi che vengono destinati alle spese per fabbricare ed acquistare armi (e si tratta di spese immense) vengono sottratti alle opere civili e di pace, cioè a produrre beni alimentari, a costruire case, scuole, ospedali, a salvare e proteggere la natura e l’ambiente, a diffondere e far godere a tutti i beni e della cultura e delle arti (…). Tensione e guerra fredda complicano la soluzione dei problemi economici e sociali all’interno di tutti i paesi (…) e generano paure e odi fra gli uomini e fra i popoli, alimentano sfiducia, spengono la ragione, sfibrano le energie”. Nel pieno della guerra fredda, della cortina di ferro, nel 1972, il 13 marzo, Enrico Berlinguer affermava queste cose nell’assumere l’incarico di segretario del Partito Comunista Italiano.
Che queste queste valutazioni non appartengano alla Von Der Leyen può starci, data la sua origine politica, ma che siano state ignorate da gran parte del Parlamento Europeo deve indurre a una profonda riflessione su quale Europa intendiamo costruire e sostenere.
Se la Piazza dell’Europa può aver indotto a qualche confusione, è urgente chiarirsi bene le idee. Per questo all’indomani del 15 marzo diventa sempre più urgente marcare le differenze, così come fanno tutti gli aderenti alla Via Maestra che d’ora in poi dovranno mettere in campo progetti e iniziative sempre più importanti perché l’Europa ritrovi il percorso politico originario per il quale è nata.
.
Articolo di Ottavio Olita dalla redazione di
17 Marzo 2025