DA REDAZIONE
Massimo Nava dalla redazione di REMOCONTRO –
Le Figaro Magazine dedica un ampio resoconto di dichiarazioni e di un’intervista a Der Spiegel di John Mearsheimer, professore all’Università di Chicago, che ha sempre sostenuto la tesi secondo cui l’Occidente e gli Stati Uniti, sotto la presidenza di Joe Biden, sono i maggiori responsabili della guerra in Ucraina. Massimo Nava sul Corriere non fa sconti, anche lui a rischio d’essere accusato col professore di posizioni filo russe, ma vale la pena di ascoltarlo, se non altro per valutare gli argomenti di prova che adduce.
La sfida è cinese e non russa
Il professore sembra in totale sintonia con Donald Trump almeno per quanto riguarda il rapporto con la Russia. Da sempre sostiene che il problema dell’America e dell’Occidente è la Cina, non la Russia. E che avere favorito l’abbraccio fra Pechino e Mosca può avere conseguenze esiziali. Giusto dunque tentare di ricucire il rapporto con la Russia, al netto della condanna per l’invasione dell’Ucraina, ma, in fin dei conti, a discapito del popolo ucraino.
L’Occidente colpevole per l’Ucraina
“L’Occidente è responsabile della situazione in Ucraina”. Questa frase di John Mearsheimer risale al 2015. Dieci anni dopo, in un intervista al New Yorker, l’intellettuale che spesso viene presentato come colui che ha “preannunciato” l’invasione russa insiste e conferma: “Abbiamo costretto Putin a lanciare una guerra preventiva per impedire all’Ucraina di diventare membro della Nato”.
Mearsheimer ha commentato così le mosse di Donald Trump: “Sono sostanzialmente d’accordo con ciò che sta facendo”, ha assicurato il professore al giornalista del New Yorker. “Penso che sia strategicamente saggio porre immediatamente fine alla guerra. Penso anche che sia la cosa moralmente giusta da fare. E, anche se Trump non l’ha fatto nel modo più delicato possibile, penso che sia sulla strada giusta e che ci riuscirà, spero».
Teorie dolorose
Il pensiero di Mearsheimer entra a pieno titolo nella categoria delle teorie politicamente scorrette e dolorose da ascoltare per un orecchio occidentale. Già nel 1990, mentre il mondo celebrava la fine del blocco sovietico, affermava che le relazioni internazionali sarebbero rimaste segnate da crisi e violenti scontri di potere. Nel 2006 pubblica ‘The Israel Lobby’, un’analisi della rete di organizzazioni che presumibilmente influenzano la politica americana per garantire sostegno materiale a Israele. Un sostegno che, secondo lui, va a scapito degli interessi strategici degli Stati Uniti.
La crisi ucraina inizia a Bucarest nel 2008
Mearsheimer ripete la sua tesi sulla genesi della guerra in Ucraina. Molto prima degli eventi di piazza Maidan, molto prima della fuga del presidente Yanukovich, dei referendum sulle lingue minoritarie, di quello sull’incorporazione della Crimea da parte della Russia o delle secessioni delle Repubbliche di Donetsk e Luhansk. La sua tesi è la seguente: tutto inizia a Bucarest, il 3 aprile 2008, durante un vertice della NATO. Quel giorno viene rilasciata una dichiarazione: “Noi, capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’Alleanza del Nord Atlantico, ci siamo riuniti oggi per ampliare la nostra Alleanza e rafforzare ulteriormente la nostra capacità di affrontare le minacce alla sicurezza esistenti ed emergenti del XXI secolo”. Più avanti, al paragrafo 23, si legge: “La NATO accoglie con favore le aspirazioni euroatlantiche dell’Ucraina e della Georgia ad aderire alla NATO. Oggi abbiamo convenuto che questi paesi diventeranno membri della NATO”. Val la pena di ricordare, a questo proposito, che all’iniziativa americana si mostrarono prudenti e molti critici il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy che non nascosero i pericoli di un’escalation delle tensioni con la Russia.
La Russia aveva subito avvertito
Questo testo arriva pochi giorni dopo una dichiarazione, a fine marzo 2008, sul Financial Times, del presidente Dmitri Medvedev, che ha appena vinto le elezioni presidenziali: “Siamo insoddisfatti della situazione intorno a Georgia e Ucraina. La consideriamo estremamente preoccupante per l’attuale struttura della sicurezza europea. Nessuno Stato può rallegrarsi nel vedere rappresentanti di un blocco militare a cui non appartiene avvicinarsi ai propri confini”. Successivamente si verificano gli eventi dell’inizio del 2014, che portano a un conflitto latente nel Donbass fino al 2022 e all’invasione russa. Un’invasione provocata, secondo il professore di Chicago, da Joe Biden: “Ha iniziato ad armare il Paese a un ritmo più sostenuto rispetto al suo predecessore. Risultato: tredici mesi dopo il suo arrivo alla Casa Bianca, ha ottenuto una guerra”.
“Marionetta” chi e di chi?
Colui che viene spesso accusato dai suoi detrattori di essere solo una marionetta della propaganda russa, precisa a Der Spiegel di essere in realtà “molto legato all’Ucraina”. E aggiunge: “Non voglio vederla distrutta. Proprio per questo, all’inizio degli anni ’90, ho sostenuto che l’Ucraina doveva conservare le sue armi nucleari e perché ho sostenuto per anni che non doveva in alcun modo tentare di aderire alla NATO. Se gli ucraini avessero seguito il mio consiglio, l’Ucraina sarebbe intatta oggi”.
E l’Europa in tutto questo?
“Il presidente Trump e il vicepresidente Vance disprezzano gli europei”, dice al settimanale tedesco. “L’intervento di JD Vance a Monaco è stato accuratamente orchestrato e mirava a umiliare gli europei e a rimetterli al loro posto. Sono certo che Vance abbia svolto un ruolo chiave in questo processo. Si è impegnato da tempo a porre fine alla guerra in Ucraina e a ridurre notevolmente la presenza americana in Europa”.
Mearsheimer deplora: “Gli americani hanno chiaramente indicato che l’Europa non dovrebbe fare certe cose nei confronti della Cina. E in particolare: non scambiare tecnologie sofisticate con i cinesi. Se gli americani si ritirano dall’Europa, perderemo la nostra influenza sull’Europa in questa questione cruciale» […] «Penso che Trump commetta un errore denigrando le istituzioni e trattando i suoi alleati con disprezzo».
Europa senza gli Usa
E commenta le speranze di una possibile unificazione europea se gli Stati Uniti abbandonano il Vecchio Continente: “I membri dell’UE hanno interessi sia contraddittori che comuni. Quando gli europei si muovono in un mondo in cui gli americani sono al comando, fanno essenzialmente ciò che vogliono gli americani, e l’Europa appare quindi come uno Stato-nazione a tutti gli effetti. Ma è un miraggio”.
Mentre gli americani dettano il ritmo dei negoziati di pace e l’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff, è arrivato a Mosca per presentare il piano americano di una tregua di trenta giorni, Mearsheimer ritiene che il presidente americano potrà far firmare un accordo solo se saranno soddisfatte tre condizioni.
Innanzitutto, che l’Ucraina rimanga neutrale, senza far parte della NATO e senza beneficiare delle garanzie di sicurezza occidentali; che accetti di cedere una parte significativa del suo territorio nella parte orientale del paese; che si smilitarizzi per non costituire più una minaccia per la Russia. Condizioni che fanno eco alle “riserve” evocate giovedì da Vladimir Putin, che ha accennato alla proposta degli americani.
“Trump deve accettare queste condizioni e raggiungere un accordo con i russi”, ritiene il professore. “Ma poi viene la parte più difficile: ottenere l’accordo degli europei, e soprattutto degli ucraini”.
La minaccia russa inventata
Quanto alle preoccupazioni degli europei sulle ambizioni di Putin al di là dell’Ucraina, dice: Putin non è in grado di conquistare l’intera Ucraina, né gli altri paesi dell’Europa orientale, e tanto meno quelli dell’Europa occidentale. La sua armata lotta da tre anni per conquistare l’Ucraina orientale”. Nonostante gli sviluppi degli ultimi tre anni, John Mearsheimer rimane fermo sulle sue posizioni, che sono state fortemente criticate. I prossimi mesi mostreranno se la storia gli darà ragione o se, come alcuni pensano, la sua analisi è solo il frutto di una lettura distorta e selettiva delle dinamiche e degli eventi.
Dinosauro chi?
“Durante quello che è stato chiamato il ‘momento unipolare’, che è durato dal 1991, anno del crollo dell’Unione Sovietica, fino alla prima investitura di Trump nel 2017, molti hanno sostenuto che fossi un dinosauro”, ha concluso a Der Spiegel. “Le mie idee realistiche, si diceva all’epoca, erano superate, pertinenti nel XVIII secolo ma ormai obsolete. Oggi è chiaro che il realismo è vivo e vegeto”.
Nell’intervista a New Yorker aveva detto : “Non è così che funziona il mondo. Quando si cerca di creare un mondo che assomigli al nostro, si finisce per ottenere le politiche disastrose che gli Stati Uniti hanno perseguito durante il momento unipolare. Abbiamo girato il mondo cercando di creare democrazie liberali. Il nostro obiettivo principale, ovviamente, era il Medio Oriente, e sapete come è andata a finire. Non molto bene. La mia tesi è che l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti, sono i principali responsabili di questo disastro”.
Le colpe occidentali
“La Russia non è una seria minaccia per gli Stati Uniti. Siamo di fronte a una seria minaccia nel sistema internazionale. Siamo di fronte a un concorrente di pari livello. E questo è la Cina. La nostra politica in Europa orientale sta minando la nostra capacità di affrontare la minaccia più pericolosa che abbiamo di fronte oggi. Dovremmo occuparci della Cina. E dovremmo fare gli straordinari per ricreare relazioni amichevoli con i russi. I russi fanno parte della nostra coalizione di bilanciamento contro la Cina.
Se vivete in un mondo in cui ci sono tre grandi potenze – Cina, Russia e Stati Uniti – e una di queste grandi potenze, la Cina, è un concorrente alla pari, quello che dovreste fare se siete gli Stati Uniti è avere la Russia dalla vostra parte. Invece, quello che abbiamo fatto con le nostre politiche insensate in Europa orientale è stato spingere i russi nelle braccia dei cinesi. Questa è una violazione dell’ABC della politica dell’equilibrio di potere.”
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Articolo di Massimo Nava dalla redazione di
18 Marzo 2025