Gaza prima d’ora mai

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Mai prima d’ora

Mai, nella memoria recente dell’umanità, gli occhi del mondo hanno dovuto reggere il peso di così tanti bambini strappati alla vita in un tempo così breve.
Corpi minuti schiacciati sotto cumuli di cemento, arti spezzati da esplosioni, occhi spenti dalla fame.
Persino nelle guerre più crudeli la protezione dei bambini era un tabù inviolabile: una linea rossa tra l’accettabile e l’abominio.
Gaza infrange questo codice. La sacralità dell’infanzia crolla sotto i missili dello Stato terrorista di Israele rivelando un mutamento epocale: se il bambino non è più intoccabile, cosa resta di sacro nella nostra gerarchia di valori?

Le lacrime di un bambino rischiano di diventare merce visiva, consumata e scartata in un click

L’iper-connessione ci ha resi testimoni in diretta di ogni singola morte. Sappiamo, vediamo, contiamo i loro corpi, eppure, questa esposizione senza filtri genera un paradosso: più immagini vediamo, più la sofferenza si trasforma in un dato tra gli algoritmi. Guardiamo, condividiamo, archiviamo. La compassione si riduce a un istante, il dolore diventa un hashtag, il lutto si disperde nello scroll infinito. Un ciclo senza fine, fino a svuotarsi di senso.
È qualcosa di atroce: il sintomo di un’umanità che si abitua all’inaccettabile. Quando la strage di innocenti non suscita più un urlo globale, non stiamo solo fallendo come società, stiamo riscrivendo il DNA della nostra specie.
Non siamo solo complici: stiamo mutando. E in questo tradimento della vita, smarriamo per sempre il diritto di chiamarci umani.
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Alfredo Facchini