DI PIERO ORTECA
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Nel momento in cui un pezzo d’Europa, Parigi, Berlino e Londra, finalmente si indigna per il numero di vittime tra i civili da quando Israele ha violato la tregua, tra Israele e Stati Uniti, Netanyahu e Trump -utile precisarlo-, si sta discutendo su quando risolvere la ‘pratica nucleare iraniana’. Sul come, vince il sospetto del bombardamento israeliano dei siti nucleari iraniani.
Iran: il tempo sul nucleare sta scadendo
Fatti i conti e tirare le somme, gli ‘adviser’ dei governi di Washington e Tel Aviv hanno stabilito che, al massimo, entro un paio di mesi bisognerà risolvere la ‘pratica nucleare’. Per questo, una delegazione di alto livello del governo israeliano si recherà, la prossima settimana, negli Stati Uniti. Qualcuno avanza il sospetto che Netanyahu possa chiedere a Trump una sorta di ‘disco verde’, per bombardare i siti di arricchimento dell’uranio degli ayatollah, al più presto possibile. Del team incaricato di trattare con gli americani, faranno parte il Ministro degli Affari strategici Ron Dermer e il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi, che saranno accompagnati da numerosi specialisti, politici e militari. Incontreranno, il Consigliere per la sicurezza nazionale Michael Waltz e si confronteranno con i funzionari del Dipartimento di Stato e del Pentagono.
Accordo sul nucleare o bombe
Pare di capire che la logica che sta guidando questa mossa diplomatica, sia in un certo senso quasi ultimativa: o gli ayatollah firmano un nuovo accordo per limitare l’arricchimento dell’uranio, oppure si dovrà provvedere in modo diverso. Applicando il «metodo Netanyahu», per capirci. E questo perché gli ‘esperti’ (il Mossad) dicono che ormai Teheran è sul punto di potersi confezionare la prima bomba atomica. Evento che rappresenterebbe un vero e proprio terremoto geopolitico, per tutto il Medio Oriente e per il Golfo Persico. Ma, soprattutto, una minaccia percepita come mortale dagli stessi israeliani.
Allarme “Al Monitor”
Secondo l’informatissimo think-tank Al Monitor, «i funzionari dello Stato ebraico sperano di convincere l’Amministrazione Trump a respingere i tentativi dell’Iran di guadagnare più tempo per il suo programma nucleare. Così facendo puntano a raggiungere un’intesa, per effettuare un attacco contro le strutture nucleari di Teheran». Ben Caspit, di Al Monitor, riferisce poi, nel suo report, alcuni particolari che fanno intuire come ormai gli israeliani si siano decisi ad accelerare i tempi e abbiano posto sul tavolo qualsiasi opzione. «Il nostro obiettivo – dice una fonte militare israeliana di alto rango, da lui citata in condizione di anonimato – è far sapere a Trump che l’Iran è sull’orlo di farsi una bomba, e che siamo in un periodo in cui non puoi battere ciglio e non puoi staccare gli occhi dalla palla. Dobbiamo aumentare la pressione e non possiamo lasciare che l’Iran temporeggi per guadagnare tempo, perché potrebbe approfittarne per una rapida riconversione nucleare, dopo la quale sarà tutto troppo tardi». Un concetto ribadito continuamente anche dalle ormai famose agenzie di informazione israeliane.
Entro una settimana la prima atomica?
A questo proposito, proprio recentemente, l’ex capo dell’intelligence militare israeliana Tamir Hayman, ha pronosticato a Channel 12 News «che l’Iran potrebbe costruire la sua prima bomba entro una settimana. Sarebbe in grado di proseguire con 10 bombe entro un mese e poi andare avanti al ritmo di un’altra bomba ogni due settimane». Un quadro indubbiamente spaventoso per la regione, che potrebbe scatenare una vera e propria corsa al riarmo nucleare, inducendo altri Paesi, come l’Arabia Saudita, ad armarsi in tutta fretta.
Come le lancia le eventuali atomiche?
Certo, le testate vanno portate sui bersagli. E per questo sono anche necessari dei vettori e una tecnologia che le miniaturizzi e le adatti. E gli esperti, come scrive Caspit, «ritengono che l’Iran non abbia ancora la capacità di trasformare materiale fissile in una testata nucleare di un missile balistico. Tuttavia, concordano anche sul fatto che una bomba nucleare possa essere lanciata con altri mezzi e che la semplice capacità di far detonare materiale nucleare trasformerebbe l’Iran in una potenza nucleare». Anche Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha espresso perplessità sulle finalità ‘civili’ del programma atomico iraniano. Definendo il tipo di arricchimento dell’uranio «quasi adatto all’uso militare».
Ultimatum Usa
A fronte di questo tipo di evoluzione, Trump si è messo in moto con la sua diplomazia ‘parallela’, che nel caso dell’Iran è fatta di molto bastone e poca carota. Ha scritto una lettera-ultimatum alla Guida suprema, Alì Khamenei, facendogliela recapitare dal Governo degli Emirati. Pare che, nel messaggio, il Presidente americano abbia dato agli ayatollah 60 giorni di tempo per firmare un accordo o per patire i ‘danni collaterali’ di una mancata intesa. Bluff? Può darsi. Ma gli israeliani sperano proprio di forzare la mano di Trump. A Teheran non sono scemi e capiscono che, in questa fase di debolezza, gli conviene evitare mosse sbagliate, magari gettando altra benzina sul fuoco.
Iraniani attenti
A risentire le parole pronunciate ieri da Khamenei, confrontandole con altre epoche, si nota subito un tono molto meno incendiario, pur nella coerenza delle posizioni. «Gli americani – ha detto – dovrebbero sapere che le minacce non li porteranno da nessuna parte quando affronteranno l’Iran». Khanenei parlava in diretta televisiva in occasione del Nowruz, il capodanno persiano. La Guida suprema, riferendosi poi anche agli israeliani ha aggiunto: «Gli americani e gli altri dovrebbero sapere che se faranno qualcosa di male alla nazione iraniana, riceveranno un duro schiaffo». Intanto, il quadro di confusione geopolitica totale non contribuisce certo a facilitare il clima di dialogo, e a definire le strategie di tutti gli attori sul campo.
Riavvicinamento Russia-Stati Uniti su Teheran
“Come influirà su Teheran il riavvicinamento tra Russia e Stati Uniti? E Trump supererà la sua nota avversione a impegnare truppe americane in combattimenti all’estero? Per ora, il messaggio (indiretto) più minaccioso, spedito agli ayatollah è stato l’attacco contro gli Houthi sciiti, nello Yemen. Ma l’Iran è un osso molto più duro.”
Israele-Gaza, disumanità feroce
- La foto del ‘The Turkish-Palestinian Friendship Hospital’ come era, e ieri fatto saltare in aria. Era l’unico ospedale oncologico di Gaza ricostruito nel 2017. Bombe sulle sedi Onu. Le panetterie chiudono, palestinesi in fila per il pane che non c’è. Il ministro della difesa Katz annuncia: se Hamas non rilascerà gli ostaggi, l’esercito occuperà permanentemente pezzi di Gaza.
- Una gigantesca esplosione ha ridotto in polvere l’enorme struttura dell’ospedale dell’Amicizia turco-palestinese, nel centro di Gaza. Si trattava dell’unica clinica oncologica pubblica della Striscia, ricostruita nel 2017 grazie a 34 milioni di dollari donati da Ankara.
- L’ospedale era stato occupato dai soldati israeliani che lo avevano convertito in un centro militare. Solo un giorno prima, Human Rights Watch accusava Israele di crimini di guerra per aver causato morte e sofferenza dei pazienti palestinesi durante le occupazioni delle strutture sanitarie.
- Non sono bastati 50mila uccisi (senza contare i corpi ancora sotto le macerie), gli appelli delle Nazioni unite, i 18mila bambini ammazzati, i mandati di arresto della Corte penale internazionale, gli attacchi agli operatori umanitari, agli ospedali, alle scuole-rifugio. Seicento vittime da martedì, di cui duecento bambini. Altri due operatori umanitari sono stati uccisi in meno di quattro giorni.
- La Croce rossa internazionale ha fatto sapere che per il personale della Mezzaluna palestinese sta diventando sempre più difficile fornire cure salvavita e garantire il servizio di trasporto per le emergenze.
- L’Unrwa, l’agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi, ha annunciato che entro sei giorni non avrà più farina da distribuire e che sei delle venticinque panetterie sostenute dal Programma alimentare mondiale sono già state chiuse.
Articolo di Piero Orteca dalla redazione di
22 Marzo 2025