DI GIANCARLO SELMI
Mi perdonerete, io sono così e preferisco la verità alla comoda o di comodo menzogna.
Tutti stiamo parlando di Donzelli e del “pezzo di m…a” rivolto a un giornalista colpevole solo di non essere fra quelli che a Donzelli e al suo coro cantante gli leccano il cu*o.
Tutto vero, per carità, ma stiamo parlando di Donzelli.
Ovvero di un personaggio dei cartoons approdato, non si sa come, nella politica che conta.
Oddio, non è il solo. Solo a pensare al livello di alcuni ministri del governo Meloni, uno si sganascia dalle risate. Donzelli è solo l’esempio plastico della caduta verticale del livello della politica italiana. In buona compagnia, peraltro. Accompagnata dall’attuale infimo livello di buona parte degli italiani, del giornalismo e di molta parte di “tutto il resto”.
Parlare di Donzelli equivale a sparare sulla Croce Rossa. E in questi tempi bui quel compito lo lasciamo alla unica “democrazia” del Medio Oriente.
Ma di Prodi e del suo “papelazo” (lo dico alla latina) non sarebbe il caso di parlarne?
Ma come, il buon “mortadella” che cade mani e piedi in una trappola e tira i capelli a una giornalista? E no ragazz* (metto l’asterisco e ne sono orgoglioso, finché non mi metteranno in carcere per quello): ciò che ha fatto Prodi non si fa.
Capiamo che il padre putativo del “grande centro” stia vivendo un momento difficile, per l’esercizio degli equilibrismi a cui è costretto. Ma, al contrario di Donzelli, è stato Premier, è stato il Presidente della Commissione Europea e penso abbia qualche centimetro di fronte in più.
Capisco il tentativo di Tosa e degli scrivani del PD di derubricare ad altra cosa, ma i giornalisti o si rispettano o no.
E Prodi non ha rispettato un emerito cacchio.
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Giancarlo Selmi