Stipendi bassi e inflazione, una famiglia su quattro rischio povertà

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Dalla Redazione di REMOCONTRO –

L’Istat e non l’opposizione al governo Meloni. Oltre ai redditi tra i più bassi d’Europa, quel poco è  corroso  dall’inflazione: una famiglia su quattro a rischio povertà, è la sentenza. Nel 2023 perso l’1,6% del potere d’acquisto, il 23,1% dei nuclei in difficoltà (il 39,2% al Sud), e in crescita la bassa intensità lavorativa

I peggiori d’Europa

“In Italia gli stipendi dei lavoratori e delle lavoratrici sono praticamente gli stessi dall’inizio degli anni Novanta, più di trent’anni e almeno due crisi economiche fa, mentre in Francia nello stesso periodo sono cresciuti del 25 per cento e in Germania del 20. Rispetto alla crisi economica del 2008, poi, gli stipendi in Italia sono oggi persino più bassi dell’8,7 per cento in termini reali, cioè al netto dell’inflazione: significa che le persone possono fare o comprare meno cose con i soldi che guadagnano. È il risultato peggiore tra le grandi economie, secondo quanto calcolato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ed è diretta conseguenza dei molti problemi di lungo corso dell’economia italiana.”

Povertà ed esclusione sociale

L’onda lunga dell’inflazione continua a corrodere i redditi delle famiglie italiane, spingendo una fetta sempre più consistente verso la povertà e l’esclusione sociale, avverte Avvenire. Quasi un nucleo su quattro, il 23,1% con un lieve incremento dello 0,3% rispetto all’anno prima, si è trovato in difficoltà economica. Il report dell’Istat sulle condizioni di vita e di reddito delle famiglie diffuso oggi non è una doccia fredda ma semmai la conferma di un continuo e consistente impoverimento del ceto medio.

Maglia Nera del G20

L’Italia, ha detto appena qualche giorno fa l’Organizzazione internazionale del lavoro, l’ILO, è maglia nera tra i Paesi del G20 quando si parla di perdita di potere d’acquisto dei salari, pari alll’8,7% rispetto al 2008. Dato confermato dall’Istat che certifica come anche in tempi recenti la situazione non sia cambiata. Se i redditi familiari in termini nominali sono cresciuti del 4,2% l’indice dei prezzi al consumo (Ipca) ha fatto un balzo del 5,9% traducendosi in una perdita di valore dell1,6%, analoga a quella precedente. Un effetto che è maggiore per i lavoratori autonomi o dipendenti mentre è più attenuato per i pensionati.

Reddito medio che vale di meno

Reddito medio sale a 37.500 euro Il reddito medio nel 2023 è di 37.500 euro, ma il valore mediano scende a poco più di 30mila euro, precisa Cinzia Arena. Le differenze a livello geografico sono ampie, con il Nord-Est più ricco e il Mezzogiorno più povero, così come quelle legate al numero di figli con le famiglie numerose che hanno in media redditi inferiori a quelli di chi ha uno o due figli. Penalizzati gli stranieri che posso contare in media di 5400 euro in meno.

Una famiglia su quattro a rischio

Le condizioni di vita sono praticamente invariate: la popolazione a rischio è di 13,5 milioni (il 23,1%), con un picco del 39,2% nel Mezzogiorno. La quota di persone in condizione di grave deprivazione materiale e sociale rimane stabile (dal 4,7% al 4,6%) così come quella degli individui a rischio povertà (18,9%), in aumento invece coloro che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (meno di un quinto del tempo): sono 9,2% rispetto all’8,9% dell’anno precedente. Tra loro spiccano gli under 35 e i genitori soli mentre sono le coppie senza figli quelle ad avere meno problemi.

Redditi sempre più diseguali

I più poveri hanno un quinto della ricchezza dei più ricchi. Il rapporto segnala un aumento la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, parametro calcolato ordinando in cinque fasce di reddito la popolazione. Il primo quinto comprende il 20% degli individui con i redditi equivalenti più bassi, l’ultimo quinto il 20% di individui con i redditi più alti. Il rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dall’ultimo quinto e quello ricevuto dal primo quinto è la misura sintetica della disuguaglianza. Nel 2023, l’indicatore è pari a 5,5, in lieve peggioramento rispetto al 2022 (quando era pari a 5,3), ma al di sotto del valore pre-pandemia del 2019 (5,7).

21% dei lavoratori a basso reddito

“Nel 2023 il 21% dei lavoratori è a basso reddito mentre cresce il numero di lavoratori poveri: quelli che hanno lavorato un mese nell’anno e hanno percepito un reddito da lavoro inferiore al 60% della media. Il rischio di essere un lavoratore a basso reddito è decisamente più alto per le donne rispetto agli uomini (26,6% contro 16,8%), per gli occupati appartenenti alle classi di età più giovani (29,5% per i lavoratori con meno di 35 anni contro un valore minimo pari al 17,7% per quelli nella classe 55-64), per gli stranieri rispetto agli italiani (35,2% contro 19,3%). La condizione di basso reddito è associata anche a bassi livelli di istruzione a determinati settori (come quello dell’assistenza alla persona). Nel periodo pre-crisi 2007 era pari al 16,7%.”

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Articolo della Redazione di

26 Marzo 2025