DA REDAZIONE
Barbara Scaramucci da ARTICOLO VENTUNO –
Senza Cecilia Strada, le telecamere de la 7 e il reportage de “Il cavallo e la torre” su Rai 3 probabilmente non sapremmo che i 40 migranti, che non sono criminali, ma solo sbarcati in Italia e rinchiusi nei famigerati CPR, sono stati fatti sbarcare in Albania ammanettati e scortati da polizia in assetto di guerra, per impedire che poggiassero i piedi sul suolo straniero per non invalidare il trasferimento.
Con Cecilia Strada in Albania ci sono i rappresentanti di una organizzazione che da 50 anni si occupa di adozioni a distanza e aiuto ai paesi più poveri del mondo, Action Aid, e alcuni avvocati che gratuitamente cercheranno di tutelare gli interessi di queste persone. Persone, dobbiamo ripetercelo anche a noi stessi, umani, disperati, costretti a cercare un futuro dopo torture e tragedie.
La notizia non ha molto rilievo sui nostri media. Non c’è più limite alla vergogna, ci siamo abituati all’orrore.
Conosco Action Aid da decenni e le parole del loro inviato Francesco Ferri mi fanno veramente impressione: «Abbiamo visto nitidamente le persone con i polsi giunti legati e scortati avanti e indietro dalle forze di polizia. È stata un’immagine molto forte che ci ha molto scossi. Una persona, che era già sul pullman, stava per entrare all’interno dell’hotspot e ci ha mostrato le mani giunte in segno di preghiera e di richiesta. È stata una scena terribile”.
La polizia ha detto che ammanettarli era necessario per evitare atti di autolesionismo. Nessuna informazione è stata fornita, una grande omertà avvolge tutta l’operazione che ha l’obiettivo di evitare qualsiasi intervento della magistratura. Spero che non sia così.
La storia raccontata nel programma di Marco Damilano è quella di Fahim, un quarantanovenne originario del Bangladesh che per tanti anni ha venduto rose nei ristoranti di Roma, ha provato anche altri lavoretti, ma poi è rimasto disoccupato, è stato fermato e non aveva il permesso di soggiorno. Al giudice di pace ha detto di averlo perso, voleva comunque tornare nel suo Paese, dalla madre malata. L’udienza era fissata per ieri ma non si è celebrata: era nel pattugliatore della Marina militare in viaggio per l’Albania.
Neppure le agenzie delle Nazioni Unite ora possono intervenire, perché non si tratta di richiedenti asilo ma di persone espulse. Le procedure sono sconosciute, tutto è gestito in modo misterioso. Ed è logico: l’unica cosa che interessa il governo razzista di Giorgia Meloni è far vedere che ci sono almeno 40 persone in quei centri in Albania costati miliardi dei contribuenti e da mesi vuoti e inutilizzati, a causa degli errori legali commessi dai vari ministeri coinvolti. Del resto, cosa possiamo aspettarci da un governo prono a Trump e che ha consentito che a Cutro avvenisse la strage che ben conosciamo? Continuiamo a occuparcene almeno noi, anche perché abbiamo capito bene e da tempo che non ci sarà nessuna bufera, nessuna indignazione, nessuna sollevazione. Il terreno è stato preparato da anni. La campagna di criminalizzazione dell’immigrato che è per definizione delinquente e non va visto come individuo ma come un nemico continua a dare i suoi frutti avvelenati.
Articolo di Barbara Scaramucci dalla redazione di
12 Aprile 2025