DA REDAZIONE
Massimo Nava da REMOCONTRO –
I dazi di Donald Trump, la Tesla di Musk, gli inganni di Putin, le tattiche cinesi… Il mondo con il fiato sospeso si è un po’ distratto di fronte alla grande tragedia della Palestina, denuncia Massimo Nava. Anche l’idea del presidente americano di trasformare Gaza in una Miami del Mediterraneo è stata al momento messa fra parentesi come una delle tante spacconate in voga alla Casa Bianca.
“Ci pensa il presidente francese Emmanuel Macron a riaccendere i riflettori. Mercoledì ha espresso la volontà di riconoscere entro giugno lo Stato palestinese. Un passo importante, sottolinea il Corriere della Sera, considerando la sostanziale latitanza della Ue nello scenario del Medio Oriente.”
In copertina, disegno dell’artista palestinese Sliman Mansour
Francia: riconoscere lo Stato di Palestina
«Il nostro obiettivo – ha detto Macron – è presiedere, da qualche parte a giugno, insieme all’Arabia Saudita, la conferenza (sulla soluzione dei due Stati, ndr) di riconoscimento reciproco da parte di diversi Paesi». «Lo farò (…) perché penso che a un certo punto sarà giusto e perché voglio anche partecipare a una dinamica collettiva, che deve permettere a tutti coloro che difendono la Palestina di riconoscere a loro volta Israele, cosa che molti ancora non fanno». Questo permetterebbe anche di essere chiari «contro coloro che negano il diritto di Israele a esistere, penso all’Iran, e di impegnarci per la sicurezza collettiva della regione», ha insistito. Il riconoscimento da parte della Francia dello Stato palestinese «sarebbe un passo nella giusta direzione, in linea con la difesa dei diritti del popolo palestinese e con la soluzione dei due Stati», ha dichiarato all’Afp Varsen Aghabekian Shahin, ministra palestinese agli Affari Esteri.
Due Stati tra il Giordano e il mare?
Sono annunci che abbiamo sentito tante volte, densi di aspettative che però si scontrano con la realtà di oggi. La terra del nuovo Stato è in parte occupata da colonie israeliane da decenni dichiarate illegali dalle Nazioni Unite e in parte ridotta in macerie dalla guerra in corso. Le notizie che giungono da Gaza non fanno presagire quasi nulla nella direzione auspicata. Anzi, l’offensiva delle forze armate israeliane e la politica di Gerusalemme (peraltro appoggiata dagli Stati Uniti) sembrano avere come obiettivo finale il consolidamento di una situazione irreversibile che non preveda nemmeno la presenza dei palestinesi. Del resto, l’annuncio di Macron è stato subito respinto al mittente da parte israeliana. «Sarebbe una ricompensa per il terrorismo e una spinta per Hamas», ha detto il ministro degli esteri israeliano Gideon Saar, su X. «Queste iniziative non portano la pace, la sicurezza e la stabilità nella regione, ma il loro contrario».
Gaza, genocidio nemmeno troppo nascosto
“Le notizie che giungono da Gaza sono frammentarie, a volte incontrollabili, anche perché la Striscia è quasi inaccessibile alla stampa internazionale e a osservatori indipendenti. Chi entra lo fa a proprio rischio, come dimostrano le decine di reporter uccisi in questi mesi di guerra. Tuttavia, le voci dall’inferno arrivano, grazie a siti web e a coraggiosi cronisti. Le ha raccolte il Courrier International, citando varie fonti. E il panorama è agghiacciante.”
Pulizia etnica organizzata
Da quando Israele ha rotto la tregua a Gaza il mese scorso, i palestinesi stanno subendo attacchi molto simili a quelli dei primi giorni dell’offensiva dello Stato ebraico, racconta il sito web israelo-palestinese ‘+972’. Secondo il ministero della Salute di Gaza (controllato da Hamas), l’esercito israeliano ha ucciso più di 1.300 persone e ferito più di tremila nelle ultime tre settimane, portando il bilancio complessivo nella enclave a più di 50 mila morti. Più di 280 mila abitanti di Gaza sono stati costretti a fuggire dalle loro case, per ammassarsi nelle «zone umanitarie» decise da Israele, con un perimetro sempre più ridotto.
Armi della fame e della disperazione
«Mentre la totale chiusura all’ingresso degli aiuti umanitari è entrata nella sua sesta settimana, la fame e la malnutrizione minacciano di travolgere l’intera popolazione di Gaza. Nel frattempo, Tsahal (l’esercito israeliano o Idf) continua a radere al suolo quartieri residenziali con bulldozer e robot esplosivi. Anche le scuole, dove i palestinesi cercano rifugio, subiscono intensi attacchi. Il 3 aprile Israele ha bombardato la scuola Dar Al-Arkam, nel quartiere di Tuffah, nel nord-est di Gaza, provocando 31 morti e 70 feriti». Secondo Emily Tripp, direttrice della ONG Airwars, gli attacchi israeliani non avevano più raggiunto un tale livello di intensità «dalle prime settimane di ottobre 2023» – periodo durante il quale la ong aveva registrato «un numero di vittime civili quasi senza precedenti».
“Corridoi militari” a dividere le macerie
A Rafah, la città più meridionale di Gaza, la scorsa settimana, l’esercito ha annunciato di aver circondato la città per creare un nuovo corridoio militare. «La grande maggioranza degli abitanti di Rafah è stata costretta ad andarsene, sotto la minaccia delle bombe», spiega Ismail Al-Thuwabtah, un residente della città, a ‘+ 972’. «La violenza dei bombardamenti e l’insicurezza hanno reso la città una zona devastata, priva di qualsiasi servizio di base».
Anche a Khan Younis, Israele continua a prendere di mira i quartieri residenziali. Il 4 aprile, l’esercito ha bombardato la casa della famiglia Al-Aqqad, nel quartiere di Al-Manara. «Sono state uccise venticinque persone. Khaled Al-Aqqad, 30 anni, si trovava in un’abitazione vicina quando la casa dei suoi parenti è stata colpita senza alcun preavviso». «A mezzanotte siamo stati svegliati dall’esplosione di un enorme missile che ha scosso l’intero settore”», racconta a + 972.
«Siamo solo civili nelle loro case. Non vogliamo essere spostati in zone pericolose. L’esercito attacca tutti senza eccezioni. Vogliamo che gli altri paesi intervengano e vengano a salvarci, altrimenti ci uccideranno tutti fino all’ultimo».
“Mamma perdonami”
«Mamma, perdonami. È la strada che avevo scelto. Volevo aiutare le persone. Scusami, mamma. Ti giuro, volevo solo aiutare le persone». Queste sono le ultime parole di Rifaat Radwan, un giovane soccorritore palestinese che lavorava a Gaza. Le ha pronunciate prima di morire, mentre perdeva sangue accanto a un’ambulanza, circondata da soldati israeliani a Rafah. «Lui e la sua squadra erano partiti alla ricerca di feriti. Nessuno di loro doveva tornare», scrive il Middle East Eye. «L’esercito israeliano ha aperto il fuoco senza preavviso e ha ucciso Radwan e altri 14 soccorritori. I loro corpi sono stati ritrovati sepolti in una fossa comune, alcuni con le mani o i piedi legati, uccisi a bruciapelo. Uccisi nella loro uniforme, con in mano la radio, i guanti e il materiale medico. Il ministro degli Esteri israeliano ha assicurato che le ambulanze non erano identificate, lasciando intendere che l’attacco dell’esercito israeliano era giustificato». La strage è stata documentata anche da un’inchiesta del New York Times, e Israele non l’ha più potuta negare.
Barbarie altrui del barbaro Netanyahu
Benjamin Netanyahu quando era in visita in Ungheria ha ribadito: «Questa battaglia che stiamo conducendo contro la barbarie è importante per tutti noi, per la nostra civiltà. Sono convinto che sia la stessa battaglia che stiamo conducendo per il futuro della nostra civiltà comune, la nostra civiltà giudaico-cristiana».
«Più di mille operatori sanitari sono morti dall’ottobre 2023, tra cui diverse decine di membri della Croce Rossa. Più di 400 operatori umanitari sono stati uccisi a Gaza, tra cui almeno 280 dipendenti dell’Unrwa. Gli ospedali sono ridotti in polvere, le ambulanze distrutte. Non c’è alcuna linea rossa: né per i medici né per i bambini, nemmeno per i moribondi».
«Più di 1,9 milioni di persone sono state sfollate, per poi essere spesso colpite dalle bombe sotto le loro tende di fortuna. Il cibo è scomparso, i carburanti sono esauriti, gli impianti di trattamento delle acque sono fermi. Le panetterie di Gaza non ci sono più. Le famiglie sono costrette a bere acqua di fogna e a mangiare cibo per animali. Non c’è più nessuno che curi i feriti». Jonathan Whittall, direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari(Ocha) nei Territori occupati, parla di «una guerra senza limiti». «Israele ha calpestato ogni limite del diritto, dell’etica e del decoro. Nessun luogo è sicuro, nessun ospedale è risparmiato, nessun bambino è al sicuro. Questo non è un conflitto, è un’operazione di totale annientamento».
Haaretz, quel po’ di democrazia che resta
Il quotidiano progressista israeliano Haaretz conferma che, secondo dati delle Nazioni Unite, dall’inizio della guerra a Gaza sono stati uccisi 1.057 operatori sanitari. Il sistema sanitario è crollato a causa delle gravi perdite, della distruzione degli ospedali da parte dell’esercito e della carenza di farmaci, letti e personale sanitario. «I servizi televisivi esteri che hanno documentato gli eventi negli ospedali di Gaza – l’emittente israeliana evita questo tipo di argomenti – mostrano immagini strazianti di bambini moribondi su pavimenti coperti di sangue, di feriti abbandonati a loro stessi che gemono di dolore e di una terribile sovraffollamento».
«La quarta Convenzione di Ginevra conferisce uno status speciale agli ospedali in tempo di guerra. Il fatto che in un ospedale si trovino armi leggere e munizioni non giustifica un attacco, né la presenza di combattenti nemici che vengono curati. Il nord di Gaza è stato devastato e distrutto. L’esercito israeliano sta ora semplicemente cercando di completare la distruzione. È un’azione illegale ed è comunque vietato includere gli ospedali».
“Gaza è una zona di morte post-apocalittica”
«La realtà a Gaza è una realtà post-apocalittica: tutto è stato distrutto, i combattimenti continuano, la zona è diventata una specie di zona di morte per la popolazione e stiamo sostanzialmente assistendo all’emergere di una sorta di interruzione post-apocalittica della guerra»: lo ha dichiarato il Commissario generale dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini.
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Articolo di Massimo Nava dalla redazione di
12 Aprile 2025