Dazi sui microchip logica politica bipolare: ora l’alta tecnologia

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Piero Orteca da REMOCONTRO –

L’approccio di Trump al tribolatissimo ‘affaire’ dei dazi doganali, sta facendo ammattire economisti, politici e specialisti assortiti. Cambia, praticamente, un giorno sì e l’altro pure, mandando in fibrillazione i mercati e impedisce la formazione di ‘corrette ‘aspettative’.

Adesso l’alta tecnologia

Adesso, dopo qualche giro di valzer, è giunta l’ora, tanto attesa quanto temuta, dell’alta tecnologia. E, in particolare, dei microchip. La prima impressione, vista la trafila di decisioni contraddittorie e di anticipazioni altrettanto ‘scollegate’, è che nel ‘cerchio magico’ che consiglia il Presidente, si confrontino diverse tribù, tutte sul sentiero di guerra. Se prendiamo ad esempio proprio la storia dell’eventuale tassazione dei semiconduttori, allora questa perniciosa e sconclusionata ambiguità salta subito agli occhi. Con l’avvertenza che si tratta ancora di ‘un work in progress’, ovverosia di un settore che è stato solo temporaneamente ‘parcheggiato’, nell’attesa dell’affondo finale.

South China Morning Post

Perché, come sottolinea il South China Morning Post di Hong Kong, se è vero che alcuni dazi sono stati per ora congelati (quelli per i prodotti di fascia alta), gli altri, invece rimangono. Parliamo di tariffe in entrata, verso Pechino, del 125%; in uscita, in direzione America, del 156% effettivo. Tariffe che, però, hanno subito un profondo riesame privo della indispensabile chiarezza. Tanto da mettere in confusione l’intero comparto produttivo cinese che, per dirla semplicemente, non sa più che pesci pigliare. Ha scritto il Morning Post, per descrivere il clima che si respira nelle grandi piazze industriali del colosso asiatico: «Le esenzioni riguardano principalmente i prodotti elettronici di fascia alta, come gli strumenti di precisione. La soglia è in realtà piuttosto elevata». Nel frattempo, Trump ha gettato ulteriormente l’industria cinese in una confusione estrema, con la sua ultima dichiarazione, pubblicata tramite un post sui social media.

“Gli ingiusti saldi commerciali”

Nel messaggio affidato a Truth, il Presidente Usa ha affermato: «Nessuno se la caverà per gli ingiusti saldi commerciali. Stiamo esaminando i semiconduttori e l’intera filiera dell’elettronica nelle prossime indagini tariffarie sulla sicurezza nazionale – ha aggiunto – e ciò che è emerso è che dobbiamo produrre negli Stati Uniti e che non saremo tenuti in ostaggio da altri Paesi. In particolare da nazioni commerciali ostili come la Cina». Ora, è chiara l’intenzione della Casa Bianca, di utilizzare la leva dei dazi doganali come arma impropria per la sua dottrina del ‘containment’ nell’Indo-Pacifico. Il controllo del processo di import-export diventa così una clava, da utilizzare per raccogliere dietro di sé la cerchia di Paesi indispensabile per chiudere il cordone sanitario. Per questo la politica commerciale di Trump sembra così ambigua: viene adattata al momento, a seconda delle esigenze, e da scuole di pensiero persino in contrasto tra di loro.

Pasticcio geopolitico

Il risultato finale è un mondo decisamente squilibrato, non solo in senso economico, ma soprattutto sul versante geopolitico. Ha scritto il Morning Post: «Gli Stati Uniti hanno annunciato che esenteranno una serie di prodotti elettronici dalle tariffe elevatissime applicate ai beni cinesi, tra cui smartphone, computer, hard disk, chip di memoria e apparecchiature per la produzione di semiconduttori. Secondo gli analisti – spiega il giornale di Hong Kong – la mossa sembra un riconoscimento del ruolo indispensabile della Cina nella catena di approvvigionamento globale di molti prodotti hi-tech. Secondo i dati della Commissione per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti, nel 2024 la Cina ha fornito oltre il 70% dei monitor per PC e degli smartphone e il 66% dei laptop importati negli Stati Uniti». Quindi: a Washington alzano la guardia, contro possibili (anzi probabili) aumenti di prezzo di prodotti tecnologici di largo consumo.

“Tariffe settoriali”

Infatti, al riparo ci sono solo i grossi produttori, quelli che fabbricano semiconduttori di ultima generazione in Cina, per conto degli americani. Il Segretario al Commercio statunitense Howard Lutnick, però, aveva dichiarato che i prodotti supertecnologici sarebbero stati soggetti a una nuova categoria di tariffe, denominate ‘tariffe settoriali’. Un’affermazione che ha aggiunto confusione a confusione, perché i dettagli saranno pubblicati tra qualche giorno, sul Federal Register e i nuovi dazi potrebbero entrare in vigore tra un mese. «Per molti analisti – conclude il Morning Post – le ultime dichiarazioni di Washington sottolineano il fatto che la strategia a lungo termine degli Stati Uniti resta quella di contenere la Cina e che le esenzioni rappresentano probabilmente solo una ritirata tattica a breve termine». Corto, netto e lapidario. E, comunque, autorevolmente condiviso dal Wall Street Journal, che ieri ha addirittura dedicato all’argomento un fondo del suo Comitato editoriale.

Wall Street Journal

“«Qualunque cosa si possa dire della guerra commerciale del Presidente Trump – sostiene WSJ – sta aprendo nuove opportunità economiche e diplomatiche per la Cina. Si veda il tour di Xi Jinping nel Sud-est asiatico questa settimana, mentre il Presidente cinese promuove una campagna anti-dazi per consolidare i legami commerciali e di altro tipo, in alternativa agli Stati Uniti». Seguendo l’antico principio «se ti scaricano, ti raccolgo io», Xi Jinping s’è messo a viaggiare e a dare pacche sulle spalle a una trafila di Paesi, tutti messi sottosopra dai dazi di Trump. Visite in Vietnam (un successo), Cambogia e Malesia. E telefonata calorosa col Presidente indonesiano. Beh, i dazi di Trump economicamente parlando sono di sicuro una rogna, ma dal punto di vista geopolitico, è forse proprio grazie a loro che la Cina sta riuscendo a darsi una bella riverniciata d’immagine.”

.

Articolo di Piero Orteca dalla redazione di

16 Aprile 2025