Papa Francesco: quel sorriso che ti entrava nel cuore

DI MARINO BARTOLETTI

 

 

Di fronte alla morte di un Papa (per quanto mi riguarda il settimo delle mia vita: ora arriverà l’ottavo) ritengo che noi piccoli peccatori possiamo solo attingere al dovere del rispetto. E, per chi la pratica, della preghiera. Papa Francesco se n’è andato dopo aver distillato e distribuito generosamente, ancora ieri, le ultime gocce del sua vita.
Ero quasi per caso in piazza San Pietro il 13 marzo del 2013 quando venne proclamato: avevo deviato apposta, per curiosità, da un impegno legato a una prima cinematografica. C’ero andato a piedi dal mio hotel vicino a via Teulada: una piacevole passeggiata in una sera molto romana, dal clima dolcissimo. Sinceramente non sapevo davvero nulla di Jorge Bergoglio: d’altra parte gli stessi vaticanisti più accreditati non lo davano fra i primi cinque papabili. Ricordo che in piazza c’erano soprattutto attesa ed emozione per la possibile nomina del Cardinale Scola, arcivescovo di Milano (che effettivamente – lo si sarebbe poi scoperto – aveva raccolto molti consensi nei due scrutini della prima giornata, ma già con Bergoglio alle calcagna e il cardinale canadese Marc Quellet come possibile terzo incomodo).
In realtà già fra il terzo e, soprattutto, il quarto scrutinio i voti cominciarono ad affluire copiosamente verso il futuro papa Francesco: che al quinto tentativo e dunque alla fine del secondo giorno sbaragliò tutti gli avversari con una maggioranza schiacciante (c’è chi parla di 85 voti su 116)
“Fratelli e sorelle, buonasera”. Mi divertì l’idea che avesse lo stesso cognome di uno dei più celebri giornalisti sportivi italiani, Carlo “Carlin” Bergoglio, piemontese anche lui, che esordì e lavorò per trent’anni nel mio adorato Guerin Sportivo, per poi diventare prima vicedirettore di Tuttosport e successivamente direttore al posto di Renato Casalbore, perito nella tragedia di Superga.
L’inizio del suo Ministero mi suscitò molta curiosità e altrettanta simpatia. Col tempo non mi ritrovai sinceramente in tutte le sue posizioni, fatta salva ovviamente l’inadeguatezza per valutare l’operato di un Papa
Dopo quella bellissima sera di una primavera anticipata lo vidi di persona solo una volta durante un’udienza in Vaticano, quando regalò a me e alla mia compagna – allungando paternamente la mano -un tenero e disarmante sorriso (la scena finì addirittura sulla prima pagina dell’Osservatore Romano).
Quel sorriso, per tanti motivi, me lo porterò per sempre nel cuore.
Il resto ce lo dirà la storia.
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Marino Bartoletti