DI ENNIO REMONDINO
DA REMOCONTRO –
L’immagine iconica di un ipotetico miracolo verso la pace in Ucraina ai margini del funerale di Papa Francesco. Nonostante l’overdose bulimica televisiva, anche noi di Remocontro siamo tra i molti laici che ritengono di aver subito una perdita con la morte di Francesco. E lo ricordiamo «sobriamente», questa volta a proposito.
Il Papa e il 25 aprile
Sempre a proposito delle cronache televisive e della ‘sobrietà’ impropriamente invocata, ieri la scritta su tutte le reti Mediaset sul «25 aprile, 80 anni di libertà». In Rai, servizio pubblico, nessuno c’aveva neppure pensato. Andatevene per favore, come ultimo atto di dignità. Ma torniamo a Francesco finalmente sottratto all’esibizione di potenti e ipocriti attorno a lui. Da adesso, per chi crede, solo preghiere.
Il popolo e i potenti, l’omelia di Re, gli applausi
Quello sopra il titolo di Avvenire, il giornale dei vescovi. Difficile pensare di poter fare meglio, e noi ci accodiamo. «Da tutto il mondo per l’addio al Papa. Oltre 250mila i fedeli a San Pietro, con 170 delegazioni e 40 rappresentanze religiose. Sempre vicino a poveri e migranti. Denunciò gli orrori della guerra». Al cardinale decano Giovanni Battista Re, il più vecchio, che non potrà partecipare al conclave che eleggerà il suo successore, l’omelia. Che cita l’immagine del Papa affacciato per l’ultima volta dalla loggia della Basilica di San Pietro nella domenica di Pasqua e poi il suo giro in papamobile tra i fedeli, probabilmente negli occhi tutti i 250mila partecipanti al funerale di Francesco che «ha toccato le menti ed i cuori di tutti».
La Chiesa una casa per tutti
Per il vecchio e saggio cardinale, «l’immagine della Chiesa di Francesco come ‘ospedale da campo’ dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti. Una Chiesa desiderosa di prendersi cura dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite». Chissà se queste e molte altre parole hanno scosso la coscienza dei ’Grandi’ presenti.
“Costruire ponti e non muri”
La messa di esequie viene concelebrata da 220 cardinali, 750 tra vescovi e sacerdoti. La bara del Pontefice è stata portata a spalle dall’altare della Confessione uscendo sul sagrato dalla porta principale, ed è stata adagiata davanti all’altare, con sopra il libro del Vangelo aperto, che il vento a tratti ha sfogliato, richiamando l’analoga circostanza avvenuta durante le esequie di san Giovanni Paolo II, vent’anni fa.
L’ultimo ossimoro di Francesco
Un funerale semplice e insieme solenne. Agli ossimori, in questi dodici anni sulla Cattedra di Pietro, ci aveva abituato, osserva Mimmo Muolo. Il primo e più evidente, l’omaggio di molti dei potenti a San Pietro che prima poco lo avevano amato. E l’ossimoro più politico di questi funerali: il rumore della guerra in tante parti del mondo, i primi sussurri di pace dentro la Basilica di San Pietro, simboleggiati ad esempio dal colloquio faccia a faccia tra Trump e Zelensky. Chissà che non sia proprio la pace il primo ‘miracolo’ del Papa dei 47 viaggi nel mondo e aver predicato pace dappertutto.
Tra cardinali sul sagrato probabilmente il nuovo Papa
I cardinali seduti sul sagrato durante la Messa: tra loro c’è il già nuovo Papa. A destra guardando la facciata ma per fortuna separate, le quasi 170 delegazioni in rappresentanza degli Stati di tutto il mondo. Dopo Donald Trump, grande costruttore di muri, anche il presidente ucraino Zelensky costretto a litigare con una pace difficile. In prima fila, come prescrive il cerimoniale, il presidente argentino Javier Milei e quello italiano, Mattarella, amico vero di Francesco. Il resto sarebbe cronaca mondana.
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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di
26 Aprile 2025