Anniversario morte Gramsci: negate le bandiere rosse per la sua tomba

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Ottavio Olita da ARTICOLO VENTUNO –

L’assuefazione rischia di cancellare l’indignazione. Ma forse ormai si sta esagerando.

Come si fa, non dico a non reagire sdegnati, ma almeno a prendere le distanze e condannare l’incredibile episodio accaduto il 27 aprile, giorno in cui si ricordava l’88esimo anniversario della morte di Antonio Gramsci? Le sue spoglie riposano nel cimitero acattolico del quartiere Testaccio di Roma, nei pressi di Porta San Paolo. Bene. Un gruppo di cittadini che intendeva rendere omaggio alla tomba dell’intellettuale e politico italiano maggiormente studiato in tutto il mondo, è stato stoppato dalla direttrice del cimitero perché voleva deporre alcune bandiere rosse in ricordo del ruolo storico fondamentale svolto da Gramsci: la fondazione del Partito Comunista. La direttrice ha detto no a quelle bandiere perché, a suo giudizio, “divisive”. Uno dei simboli intorno al quale si è aggregata per decenni tantissima parte dei cittadini democratici italiani, divisivo?  Altro che divisivo. All’opposto identificativo e forse proprio da lì è nata l’idea dell’opposizione ad un gesto che risuonava in totale controtendenza rispetto ai terribili tempi politici che stiamo vivendo.

Pensate a quante adunate fasciste si possono svolgere senza che alcuno dei manifestanti venga quanto meno identificato. A Predappio accade di tutto, nell’impunità totale. Al contrario ad Ascoli Piceno una fornaia che ha esposto un lenzuolo che inneggiava al 25 aprile “Buono come il pane, bello come l’Antifascismo” è stata identificata due volte, prima dalla polizia di Stato, poi da quella locale, come una pericolosa sovversiva. Chissà se poi le  stesse autorità hanno mostrato la stessa solerzia nel cercare di identificare gli autori nel lungo striscione esposto in una via del centro di Ascoli  profondamente offensivo verso la fornaia e la sua attività.

E come non ricordare le tante località in cui è stato vietato di cantare “Bella Ciao’” proprio il 25 aprile, o il divieto di corteo a Domodossola o, addirittura, la multa inflitta all’Anpi di Orbetello per aver organizzato una banchettata con “Pastasciutta Partigiana” in una piazza del paese. Come non ricordare il forte invito alla “sobrietà” rivolto dal governo alle celebrazioni per il 25 aprile? Una plateale scusa per tentare di colpire manifestazioni di cittadini democratici nel giorno che dovrebbe essere quello dell’orgoglio nazionale di un popolo che ha saputo sconfiggere il nazifascismo e costruito la Repubblica Democratica.

Ma ormai l’ordine non urlato, ma fatto praticare, è di remare contro, di demolire pian piano i diritti acquisiti, di costruire uno Stato autoritario.

Mai come ora è urgente sottoscrivere l’appello dei tanti costituzionalisti che si oppongono al cosiddetto Disegno di Legge sulla sicurezza, dimostrandone il tentativo di cancellare tanti diritti garantiti dalla Costituzione.

 

Articolo di Ottavio Olita dalla redazione di

28 Aprile 2025