DA REDAZIONE
Angela Iantosca da ARTICOLO VENTUNO –
Cresce di minuto in minuto il numero di utenti che si aggiunge al canale Telegram “March to Gaza – Call for international Civil Mobilization to Open a Humanitarian Corridor to Gaza”.
Una mobilitazione che è una risposta popolare all’inazione dei governi di fronte ai quotidiani massacri che i bombardamenti israeliani provocano nella Striscia. L’iniziativa ha preso forma in Francia e si sta diffondendo in diversi paesi.
Al canale Telegram, che conta più di 2600 iscritti, si sono aggiunti anche un profilo Instagram ed uno su TikTok.
“Una iniziativa apartitica e pacifica – si legge nel gruppo Telegram – attiva in questo momento in più di 20 Paesi e che vede insieme operatori sanitari, umanitari, addetti alla logistica, avvocati, attori esperti sul campo provenienti da ogni angolo del mondo. Con un unico obiettivo: aprire un corridoio umanitario a Gaza, attraverso negoziati diplomatici con l’Egitto, sotto la supervisione internazionale. L’iniziativa non intende violare i confini nazionali e minare la sovranità degli stati. È costruito interamente su un coordinamento pacifico e civile, e mira a facilitare l’arrivo di un’assistenza medica, aiuto umanitario e personale di emergenza alla popolazione civile nel pieno rispetto del diritto umanitario internazionale”.
E ancora si legge:
“La Marcia verso Gaza rappresenta una delle ultime realistiche iniziative guidata dalla società civile internazionale per rispondere a questa crisi… Non c’è più tempo per le divisioni, le posizioni ideologiche o i silenzi cauti. Siamo di fronte ad un imperativo umanitario prioritario”.
L’iniziativa, partita dalla Francia, ha preso il via il 9 aprile scorso, si legge su ilfattoquotidiano.it, quando è stata pubblicata una lettera aperta alle ambasciate di Egitto ed Israele, i due paesi interessati dalla marcia.
“Noi, cittadini francesi e cittadini del mondo, donne e uomini liberi, provenienti da molteplici paesi, religioni, lingue e culture, vi scriviamo per annunciarvi che il popolo si solleva. Di fronte all’inazione dei governi, di fronte alla sofferenza insostenibile del popolo palestinese, di fronte al blocco disumano imposto a Gaza, migliaia di persone, ovunque nel mondo, si organizzano per una marcia senza precedenti. Una Marcia verso Gaza“, si legge nella lettera che poi precisa:
“Marceremo fino al terminal di Rafah, con un solo obiettivo: aprire la frontiera, far entrare gli aiuti umanitari ed esigere la fine dell’assedio”.
L’organizzazione si è strutturata in diversi gruppi di lavoro:
logistica, gruppo sanitario, dipartimento finanziario, ufficio legale, comunicazioni Idee/Proposte, relazioni pubbliche, a cui si può aderire in base alle proprie competenze. “Abbiamo bisogno di tutti i tipi di competenze: medici, autisti, traduttori, esperti in logistica, comunicatori, avvocati, attivisti”, si legge sul canale Telegram. Quanto alle risorse, viene spiegato che il movimento è finanziato esclusivamente dai contributi dei cittadini e in modo trasparente.
Non sappiamo cosa accadrà a giugno, quando è stata annunciata la marcia, e non conosciamo neanche la fattibilità della marcia: sarà possibile arrivare dove ci si è prefissati? Lo permetteranno? Sarà possibile arrivare a portare aiuti umanitari in un luogo nel quale da più di 50 giorni il cibo, l’acqua, i medicinali non vengono fatti entrare? Sarà possibile tutto questo dove da settimane non c’è più farina e i 25 forni presenti sono stati chiusi?
Non lo sappiamo. Ma è l’inizio di un moto, di una partecipazione collettiva, di una indignazione che speriamo sia sempre più contagiosa.
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Articolo di Angela Iantosca dalla redazione di
29 Aprile 2025