Obbedire, commuoversi, dimenticare

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Scrive così l’ANSA, nota agenzia al servizio dei Regimi:

«A cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo.»

Che teneri

Quando si tratta di memoria condivisa, il copione è sempre lo stesso: si parte dalla destra e si finisce alla destra.
L’ANSA, diligente come sempre, ci tiene a ricordarci che se eri un militante di destra, eri un martire da venerare; se eri un militante di sinistra, probabilmente te la sei cercata.
Ecco dunque Giorgia Meloni: «Tutti dobbiamo fare i conti con la sua vicenda.» Non paga, aggiunge: «La sua morte, tanto brutale quanto assurda, forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia è un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti».

Obbedienza emotiva

Insomma, per la ducetta, qui non si ricorda: si pretende obbedienza emotiva. Per la cronaca a Sergio Ramelli è stato dedicato l’auditorium di Regione Lombardia. E non basta: ben 38 città gli hanno dedicato strade, piazze e slarghi. In queste ore è toccato anche a Sesto San Giovanni, ex Stalingrado d’Italia, dove a Ramelli e a Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’MSI ucciso l’anno dopo, è stato intitolato uno slargo.

Nessuno però si ricorda… 

Naturalmente, nessuno si prende la briga di ricordare che dal 1970 ai primi anni Duemila, sono stati 27 gli antifascisti uccisi dai fascisti.
Nessuno di questa confraternita di camerati rammenta che le stragi di Stato, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna, furono eseguite da neofascisti in combutta con settori deviati dei servizi segreti e la massoneria della P2.

Cinquant’anni dopo

Dunque eccoci qui, cinquant’anni dopo, a celebrare la “memoria condivisa” imposta a colpi di cerimonie, lapidi e sermoni di governo. Una memoria che seleziona, ripulisce, assolve. I morti “giusti” si onorano, quelli scomodi si scrivono in carattere minuscolo. A beneficio di un’Italia addestrata a commuoversi a comando e dimenticare per dovere. Quella che si spaccia per memoria è solo una riscrittura oscena della storia. È solo potere che si assolve da solo.
Nessuna pacificazione. Nessun oblio.
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Alfredo Facchini