DI PIERO ORTECA
Da REMOCONTRO –
Il Golfo Persico traballa. Accade sempre qualcosa che condiziona pesantemente la ricerca di un nuovo equilibrio geopolitico. E mentre in Qatar i negoziati sul nucleare di Teheran sembrano promettere qualche novità, mezzo porto vicino Bandar Abbas salta per aria, facendo ripartire la guerra delle speculazioni. Contemporaneamente, le autorità iraniane denunciano un attacco informatico contro i sistemi che gestiscono le attività portuali del Paese.
L’Iran tra guerra e pace: i suoi missili nel mirino?
In questo momento, tutti hanno il dito sul grilletto e basta poco per dare il via a un’escalation di reazioni e contro-reazioni, capaci di infiammare la regione e di mettere a rischio la navigazione nello Stretto di Hormuz. Dunque, quasi a ‘orologeria’ con i colloqui di Doha, sabato scorso una colossale esplosione ha distrutto il terminal container del porto a Shaid Rajnei, nella provincia meridionale iraniana di Hormozgan, uccidendo 40 persone e ferendone almeno mille. Cosa è successo? Ancora nessuno lo sa, almeno ufficialmente, anche se già si intrecciano illazioni, ipotesi inquietanti e sospetti di ogni tipo.
Perclorato di ammonio per missili
Le voci più accreditate parlano di una catastrofica esplosione di «carburante speciale» (perclorato di ammonio?), cioè di quello, per capirci, che viene utilizzato per alimentare come propellente i missili balistici. Ecco spiegati i sospetti sull’intervento di qualche ‘manina’. E in effetti, alcuni indizi portano sulla strada di un ipotetico attacco ‘di avvertimento’. «Mentre l’esercito iraniano cercava di negare la consegna di perclorato di ammonio dalla Cina – scrive il Washington Post – sono emersi nuovi video che mostravano una scena apocalittica nel porto ancora in fiamme. Un cratere profondo metri era circondato da un fumo ardente così pericoloso che le autorità hanno dovuto chiudere scuole e attività commerciali nella zona. I container apparivano distrutti o lanciati come giocattoli abbandonati – prosegue il Post – mentre tutto intorno al luogo erano disseminate carcasse bruciate di camion e automobili».
Come l’esplosione che distrusse il porto di Beirut
Insomma, una carneficina, così eclatante che ricorda molto da vicino un analogo ‘incidente’, che anni fa distrusse tutto il quartiere del porto di Beirut, in Libano. Certo, nessuno (ancora) ha pensato di accusare nessuno, anche se alcune prese di posizione fanno senz’altro riflettere. Prime, le dichiarazioni della Guida Suprema iraniana, Alì Khamenei, la cui cautela fa intravedere come i vertici della teocrazia aprano la strada a qualsiasi ipotesi, compresa quella terroristica. Il vecchio ayatollah, come riporta il Teheran Times di ieri, infatti, ha preso posizione senza sbilanciarsi: «L’inferno nel porto di Shahid Rajaee è fonte di dolore e preoccupazione – ha dichiarato Khamenei – e tutti i funzionari sono tenuti a prevenire incidenti gravi e costosi». Il giornale però chiarisce che «il Leader ha inoltre incaricato i funzionari della sicurezza e della magistratura di indagare a fondo su ogni tipo di negligenza o atto intenzionale che abbia causato l’incidente mortale».
Netanyahu che si dichiara innocente
Quindi, un esplicito invito ai propri Servizi, affinché diano una risposta convincente sull’origine dell’esplosione. Perché, come si può facilmente capire, la cosa cambierebbe, e di molto, l’atteggiamento dell’Iran al tavolo dei negoziati. Il punto è proprio questo. Ieri, i giornali israeliani hanno dato notizia del fatto che Netanyahu si è proclamato subito ‘innocentep, per quanto riguarda l’evento di Bandar Abbas. Nel senso che ha fatto sapere, attraverso tutti i canali diplomatici possibili, che Israele non c’entra niente. Resta il fatto che il premier dello Stato ebraico non ha, sicuramente, intenzione di digerire un eventuale accordo al ribasso sul nucleare. Lo ricorda il Jerusalem Post, proprio parlando dell’esplosione avvenuta nel porto iraniano. Netanyahu ha affermato che l’unico «buon accordo – scrive il JP – è quello che elimina tutte le infrastrutture, simile all’accordo del 2003 stipulato dalla Libia con l’Occidente. Che prevedeva la rinuncia ai suoi programmi nucleari, chimici, biologici e missilistici».
Israele, Trump e i missili iraniani
«Netanyahu, parlando domenica sera a Gerusalemme – dice ancora il JP – ha dichiarato di aver detto a Trump che qualsiasi accordo nucleare raggiunto con l’Iran, dovrebbe anche impedire a Teheran di sviluppare missili balistici». Arriviamo così a uno scoglio non secondario delle trattative. Paradossalmente, il nucleare non è la sola urgenza, ma esistono altri intoppi che sbarrano la strada dell’intesa con gli ayatollah. E il principale è proprio quello dei missili balistici, che Teheran può esportare verso tutti gli ‘Stati-canaglia’, come lo Yemen degli Houthi o il Libano di Hezbollah. Per non parlare di tutti i gruppi jihadisti, che affollano le contrade del Medio Oriente e non solo. Missili che rappresentano un’alternativa temibile, di deterrenza costosa, ma che magari una potenza ideologicamente motivata, come l’Iran, può esportare a prezzi da saldo. Missili che deve smettere di produrre in quantità industriale, se vuole che gli vengano ridotte le sanzioni.
Tracotanza dell’Occidente
Una scelta che a qualcuno, però, all’interno del regime persiano, non piace affatto, perché viene vissuta come una resa alla tracotanza dell’Occidente. La famosa ‘ala intransigente’, legata al corpo dei Guardiani della rivoluzione, è pronta a tutto pur di difendere ciò che resta dei principi del khomeinismo. Sono loro che non vogliono l’accordo sul nucleare. Proprio come Benjamin Netanyahu che, come ha ribadito il quotidiano di Tel Aviv, Haaretz, si riserva sempre e comunque la possibilità di bombardare i bunker dove gli ayatollah arricchiscono l’uranio. Anche per questo, l’Iran tiene alta la guardia. Le ultime notizie, che arrivano dal Teheran Times, fotografano una situazione di grande incertezza, per non dire di vero e proprio caos. Il Presidente, Masoud Pezeshkian, si è subito recato nei luoghi dell’esplosione, convocando un vertice di sicurezza. «Erano presenti – scrive il giornale degli ayatollah – anche il Ministro degli Interni Eskandar Momeni, il Direttore dei Trasporti e dello Sviluppo Urbano, Farzaneh Sadegh, e il Direttore della Mezzaluna Rossa, Pirhossein Kolivand».
«Il porto – conclude significativamente l’articolo – è di importanza strategica, e si trova a circa 15 chilometri a sud-ovest di Bandar Abbas, sulla sponda settentrionale dello Stretto di Hormuz».
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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di
29 Aprile 2025