DI LIDANO GRASSUCCI
E nel mare cambiò quella mia vita
E il mare trascurato mi travolse
Seppi che il mio futuro era sul mare
Con un dubbio però che non si sciolse
Senza futuro era il mio navigare
Francesco Guccini, Odysseus
Esistono possibilità, remote e arcane. Contadini che si fanno marinai, guerrieri che scelgono la pace. Bimbi che non vogliono giocare da grandi, ma restare in un futuro che non vogliono fugga via.
La strada mia non sono lastroni per le ruote dei carri, ma forse acqua per la prua di ardite navi. Non lo so, e mi sia concesso di aver perso la polare e a vista è il mio navigare.
Un’isola davanti che guarda la mia polena avanzare e non si muove “neanche di uno sguardo”. Anzi ha riguardo delle mie vele. La vedo ora che l’aria si fa limpida l’isola è tutta chioma degli alberi. Verde, verdissima in questa strada blu.
Le chiome si muovono al vento, distesa come una Venere che si è lasciata andare all’amore del male. Le chiome sono brivido e quel vento sa di respiro di un marinaio sul collo di isola. La prua punta la baia, l’avvicinamento è costanza del vento. L’isola appare con il suo monte, pare lei distesa su lino fresco di Marsiglia.
Diritta la navigazione, e dalla tolda il marinaio cerca di vedere, il capitano di assecondare la riva prossima a venire.
Ma si sa, se vieni dal mare, da un lungo navigare, hai bisogno, fame, di terra. Un’isola nel mare vive nella sua storia. Non si è mai capito se le scoperte di terre nuove sono degli umani, o le terre che stanno scoprono uomini che non c’erano.
L’isola è davanti si vede tutta, si adagia, pare voler dormire sul mare che la culla, con la brezza che la carezza.
Grandi corridori di corse in salita
Che alzavano la testa dal manubrio
Per vedere se fosse finita
Allenati alla corsa
Allenati alla gara
E preparati a cadere
E a tutto quello che s’impara
Ivano Fossati, naviganti
Ecco che non governi la nave, che va di cuor suo, va come vanno le onde, i casi, le cose che sono destinate ad andare come debbono andare. I marinai hanno il fato per amico, per nemico, per la condanna a seguire il mare che è così grande, così immenso e un isola è una meraviglia, li distesa su un lenzuolo di quel lino che fa la sabbia
Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi, L’infinito
Foto Cabanel, la nascita di venere
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