DI ANGELA AMENDOLA
Era il 1986, quando in Gran Bretagna si presentarono i primi casi di encefalopatia spongiforme bovina, passata alla storia come morbo della mucca pazza. Il Regno Unito inizia un’attività di sorveglianza passiva sui bovini che venivano di solito allevati con farine animali prodotte attraverso l’incenerimento di carcasse e scarti di macellazione di altri animali, tra cui anche le mucche.
Il registro britannico di sorveglianza della malattia, inizia la sua attività nel 1990 e nella relazione del 1995 riporta anche il caso clinico di una persona diciannovenne affetta da questa malattia. Si trattava di un’anomalia, data la giovane età, perché la forma sporadica del morbo si manifestava, attorno ai cinquant’anni.
Dopo i primi casi, nel 2002 si arriva all’apice dell’emergenza, con 28 morti.
E in Italia? Si segnalava una sola persona affetta dalla variante umana poi deceduta.
Ma da allora non se n’è saputo più nulla.
Ora una malattia, di origine sconosciuta, simile al morbo della mucca pazza, sta gettando nel panico lo Stato del New Brunswick in Canada. I primi casi all’inizio del 2020, ma solo ora si comincia a studiarli seriamente. Ma non è Covid-19. Quando i medici hanno esaminato i pazienti più da vicino, quello che hanno trovato li ha lasciati perplessi.
La malattia è stata osservata per la prima volta nel 2015 quando un neurologo del New Brunswick Hospital , il dottor Alier Marrero, ha visto un paziente che presentava uno strano mix di sintomi tra cui ansia, depressione, demenza rapidamente progressiva, dolori muscolari, disturbi visivi e allucinazioni. Tre anni dopo, erano otto i casi. L’anno successivo il totale era 20. Poi 38. Poi 48.
I pazienti hanno tutti un’età compresa tra i 18 anni e gli 84.
Sulle cause, gli scienziati per ora non hanno alcun elemento certo. Il solo dato confortante per il resto del mondo, è che il fenomeno è circoscritto alla piccola provincia canadese.