L’ORO DI MARCEL JACOBS

Di LIDANO GRASSUCCI

E’ molto più difficile uccidere un fantasma che una realtà.
Virginia Woolf

Vedo in tv un ragazzo che corre, ma corre tanto. Fa 50 chilometri all’ora, mi supererebbe anche se andassi in auto. Corre non ha rivali se non se stesso. E’ l’uomo, in questo più veloce, di questo pianeta. Si chiama Marcell Jacobs ha vinto le olimpiadi, oro nei 100 metri, è italiano. Sorride, è stranamente sereno come se non avesse vinto il resto del mondo, ma parlato a se stesso.

Ringrazia, alla fine della gara la sua, mental coach, Nicoletta Romanazzi, (oltre all’allenatore Paolo Camossi). Lui correva sempre veloce ma quando c’erano appuntamenti importanti era frenato da fantasmi. Saluta il nonno che aveva capito quanto correva, che lo aveva circondato di tutto quello che poteva. I nonni fanno cose… corrono così veloci nella vita che se ti danno la spinta ti mandano lontano.

Marcell non conosceva il padre, non era presente nel suo vivere ma era li nel creare, ed era un vuoto come era vuota la corsia affianco alla sua in finale olimpica. Un vuoto, un vuoto che si riempie di cose storte se… se non trovi chi ti aiuta a rendere quel vuoto prima silenzio e non ronzio nella testa, poi una ipotesi di canto.

I padri sono “lontani parenti” che hai dentro, sono che quando cammini sulla sabbia vedi la loro traccia anche se nel verso storto e ci provi a mettere il piede. Puoi sentirli distanti, ma sono maledettamente dentro di te. Se, dico se, non ci fai i conti ti fermano a chiamarli e non vai avanti, se li capisci nei loro sbagli ti dicono di correre, di correre, di correre di corsa. Ti dicono che sono dentro di te.

Lui, l’uomo che corre come nessuno, dice di averlo odiato il padre per l’abbandono, ora sente i muscoli, i nervi, le ossa che gli ha donato e lo ha cercato. Certo mica perdoni, assolvi, ma accetti.

9.80 secondi, il tempo in cui gli occhi sbattono neanche 10 volte e sei oltre, lì l’amore della madre è nel bimbo che corre, lì l’infinita tenerezza del nonno è nella scommessa che ce l’avrebbe fatta. Ma a spingere erano anche i muscoli di papà e papà non era più un fantasma. Marcel ha accettato i muscoli non ha rigettato il talento e facendolo non ha tradito mamma, non ha celato il nonno non condannando il padre, si è sentito core era.

La nostra testa gira così male,

Sono stato allevato dai miei nonni in ogni dove, ho dentro di mia madre l’impronta, e di mio padre riconosco il destino. Mi ha donato questa malinconia, questo destino a chiudermi per sempre in tempi lenti, lentissimo.

Siamo umani, condannati ad umana impossibilità di essere sani, ma il nostro male dentro di ci fa unici.