DI EMILIANO RUBBI
Devo fare i mie complimenti a Salvini.
Sul serio.
Perché credevo che, dopo la sceneggiata da drama queen sull’occidente che deve vergognarsi perché lascia l’Afghanistan, avrebbe approfittato del fatto che l’Afghanistan è lontano e nessun “clandestino” afghano può arrivare qui su un barcone per dire che bisognava accogliere i profughi, dividendoli tra tutti i paesi che hanno partecipato al conflitto.
Tipo quando disse “chi scappa dalla guerra è mio fratello”, avete presente? Tanto sapeva benissimo che nessun leghista ha la minima idea del numero enorme di guerre e di dittature che ci sono in Africa.
E sapeva benissimo pure che gli sarebbe bastato puntare il dito contro “quelli che non scappano da nessuna guerra”, laddove “quelli” vuol dire “tutti”, per continuare a far abbaiare i suoi seguaci leghisti.
E insomma, stavolta temevo che ne avrebbe approfittato.
Temevo che avrebbe detto: “ci mancherebbe altro, quelli scappano dai tremendi ISLAMICI (scritto grosso), certo che dobbiamo accoglierli!”.
E invece no.
Ha detto che forse ne potremmo prendere “qualche decina”. Qualche decina.
Davvero, ha detto proprio così.
“Quelli che hanno collaborato con gli italiani”.
Sugli altri, quelli che fino al giorno prima lo indignavano da morire, niente, neanche una parola.
– “Noi ne prenderemmo una decina”
– “Sono tredici, ci ho aggiunto due bambine di dodici anni che stavano per essere date in sposa come “ricompensa” ai talebani vittoriosi e un bambino che stava per morire di setticemia, visto che una bomba gli ha segato via una gamba, che faccio, lascio?”
– “No, guardi, mi dispiace, sono uscito senza portafoglio, non c’ho spicci, magari me ne tenga da parte una, che la prendo dopo il prossimo stupro di massa”
Quindi, sul serio, stavolta devo fargli i complimenti.
Ero sicuro che avrebbe preso la palla al balzo per fingere che gliene fregasse davvero qualcosa della vita delle persone.
E invece no.
Si è mostrato orgogliosamente per quello che è: uno che seguita a costruire metaforicamente la sua casa accatastando montagne di Letame.
Letame su letame, indefessamente, da anni.
Bravo, Matte’.
Non è da tutti andarne così fieri.