DI MAURO COLTORTI
Matteo Renzi è molto indaffarato. Ma non in Senato, e neanche in Italia. La scorsa settimana, durante il voto sulla tagliola che in Senato ha azzoppato definitivamente il ddl Zan, il leader di Italia Viva non era a Roma, ma alla corte di bin Salman, il principe saudita considerato il mandante dell’omicidio Khashoggi. Oggi invece vola a New York, perchè domani la società russa di car sharing, Delimobil, di cui è membro nel CdA, sbarca in borsa. Del resto, l’ex premier di affari se ne intende, e i conti li sa fare bene. Lo dimostra uno studio appena pubblicato da Banca d’Italia, secondo cui la riforma al tetto all’uso del contante, che Renzi fece da capo del governo nel 2016 per innalzare la soglia da mille a 3 mila euro, ha favorito il nero e l’evasione fiscale. In particolare, rivela palazzo Koch l’aumento del tetto “ha avuto l’effetto collaterale di allargare il sommerso e ha spostato verso l’alto la sua percentuale, in media del 18,9% del cosiddetto valore aggiunto non dichiarato dalle imprese”. Neanche a dire che quella di Renzi fu una trovata originale, visto che (guarda caso!) si trattò di una riedizione di una norma già varata di governi Berlusconi 2 e 4, un altro segnale delle affinità elettive tra Forza Italia e Italia Viva, dopo l’accordo all’Ars siciliana tra i due partiti che hanno dato vita alla crasi “Forza Italia Viva”. Passando dal faceto al serio, quello dell’uso del contante è un problema molto grosso per l’economia italiana: secondo l’Istat nel 2019 l’economia non osservata valeva 203 miliardi, l’11,3 % del Pil, una montagna di soldi sottratta alle casse dello Stato. Il governo Conte con il fermo sostegno del Movimento 5 Stelle aveva fatto della lotta all’evasione fiscale una priorità improcrastinabile, varando una norma che riporta a mille la soglia dell’uso del contante che entrerà in vigore dal 1 gennaio prossimo.