DI UMBERTO SINISCALCHI
Non deve essere stato facile per lui. Figlio del mitico Valentino, il faro del grande Torino del dopoguerra scomparso a Superga, Sandro Mazzola ha legato la sua carriera alla maglia nerazzurra.
Scoperto da Benito “veleno” Lorenzi, arrivò all’Inter e un altro mito, Giuseppe Meazza, lo impostò da centrocampista.
Passato in prima squadra a soli 20 anni (dopo l’esordio l’anno prima in un Juve Inter dove i nerazzurri, per protesta, schierarono i giovani, rimediando un 9-1), il “mago” Herrera lo avanzò in attacco. Oggi si direbbe seconda punta, accanto a Milani, Peirò, Di Giacomo.
Il “baffo” iniziò a segnare e dare ragione al suo allenatore, che aveva scelto la linea “verde”. Oltre a lui, Domenghini, Facchetti, Corso.
Fu grande Inter. Il ciclo 63-67 regalò 3 scudetti (potevano essere 5), due coppe dei campioni e due Intercontinentali. Per lui anche un titolo di capocannoniere, nel 1965, con 17 gol.
Sandro tornò a centrocampo, mezzala con licenza di segnare.
Arrivò la nazionale. Per lui, 70 partite in azzurro, il titolo europeo del 1968 e il secondo posto ai mondiali del ’70, dove esplose la rivalità con Rivera, il geniale”golden boy” del Milan, pallone d’oro l’anno prima.
Era il Ct, Ferruccio Valcareggi, che non si decideva e allora scelse di far giocare un tempo per uno.
L’avventura azzurra si chiuse 4 anni dopo, in Germania, quando persero il posto anche Rivera, Riva, Burgnich, Chinaglia tra gli altri.
Sandro, intanto, aveva vinto il suo quarto scudetto nel ’71 e continuava a deliziare il pubblico a suon di serpentine, passaggi illuminanti e gol mai banali.
Smise nel 1977, a 35 anni, dopo 565 partite e 158 gol.
È stato dirigente della sua Inter dal 77 all’84, per tornare poi con la presidenza di Massimo Moratti. In mezzo, esperienze al Genoa e al Torino, la squadra di suo padre.
Che dire? Oggi Sandro spegne 79 candeline e chi lo ha visto giocare, come me, lo rimpiange. Classe pura, come non ce n’è quasi più. Come quell’Inter stratosferica. E come la rivalità con Rivera. Non tra loro, ma decisa da Valcareggi.
Altro calcio, altra epoca dove l’attaccamento alla maglia non era raro, anzi. Sandro è stato uno di quei pochi giocatori che non importava dove giocasse. Patrimonio di tutti.
Avercelo oggi un Mazzola…