DI GIANFRANCO MICALI
Quando mi imbatto in qualche esternazione su vaccini e green-pass di Massimo Cacciari ed Enrico Montesano, che potrebbero ormai formare una coppia in teatro, mi chiedo sempre che cosa li abbia spinti a macchiare un passato di prestigio per il primo, e di successo per il secondo.
Qualcuno sostiene che il loro periodo glorioso era comunque lontano, quasi perso, e che siano quindi in cerca di visibilità.
No, io credo che sia piuttosto un tic dell’età, un leggero anticipo di quella vecchiaia che Cesare Musatti, il padre della psicanalisi italiana, definiva meravigliosa. Aveva novant’anni quando lo intervistai, e mi confessò felice: “Adesso posso finalmente dire qualunque sciocchezza senza la minima preoccupazione. E mi diverto da morire”.
Si spiegherebbe così l’accostamento tra un filosofo, che forse si sente libero da una vita costretta al rigore della logica, e un comico, che può finalmente smettere di dovere far ridere gli interlocutori e adesso sogna di arringare le folle.
Parafrasando McLuhan, il vaccino e il green pass più che il messaggio sono il loro mezzo (per continuare a sentirsi vivi).