DI CRISTINA PEROZZI
Italo Toni, giornalista e scrittore marchigiano di Sassoferrato, e la sua compagna e collaboratrice Graziella De Palo, con la quale aveva scritto un libro inchiesta su Che Guevara,
scompaiono in Libano.
Sono da dieci giorni a Beirut per documentare le condizioni di vita dei profughi palestinesi e la situazione politico-militare, ed escono dal loro albergo la mattina per andare dal Fronte Democratico Popolare per la Liberazione della Palestina di Nayef Hawatmeh, nei pressi del castello di Beaufort, su una delle linee di fuoco che li oppone agli israeliani.
Avevano avvisato il giorno prima l’ambasciata italiana, avvisando espressamente che se non fossero rientrati entro tre giorni, avrebbero subito essere cercati.
Alcune testimonianze parlano di una jeep che tende loro un’imboscata, spacciandosi per quella del “Fronte Democratico” che stavano aspettando.
Nel 2005, dopo venticinque anni della scomparsa, il caso è stato riproposto ai media attraverso un sito web e il programma televisivo chilhavisto?
Su iniziativa dell’Ordine dei giornalisti delle Marche sono state sottoscritte numerose petizioni al fine di rimuovere il segreto di Stato da tutti i documenti riguardanti la loro sparizione.
Le loro famiglie non hanno ancora potuto dare sepoltura ai due giornalisti e solo dopo quattro anni sono riusciti ad avere indietro gli effetti personali tranne le macchine fotografiche e i quaderni di appunti.
Nei mesi scorsi il caso è stato ufficialmente riaperto dalla Procura di Roma.
“Italo TONI e Graziella DE PALO, dunque, furono sacrificati sull’altare dei “patti inconfessabili” tra entità italiane e terrorismo palestinese.
È proprio per coprire e tutelare questi “accordi” che i vertici del nostro servizio segreto militare furono costretti a creare una vera e propria “pista alias” che, attraverso un gioco di specchi duplicanti, doveva determinare (semmai gli inquirenti avessero rivolto le loro attenzioni in quella direzione) la deviazione dell’inchiesta in un luogo e su contesti opposti e speculari a quelli che costituivano la verità.
Questo vale per la strage di Bologna e per la sparizione dei due giornalisti.
Più di un depistaggio, quella “strategia” del SISMI si manifestava come un vero e proprio labirinto di riflessi deformanti o, come stigmatizza il pubblico ministero (che si occupa dell’inchiesta sulla sparizione dei due giornalisti ndr) Giancarlo ARMATI, come un “complesso sistema di offuscamento e depistamento delle indagini” che metteva a disposizione dei magistrati inquirenti uno scenario internazionale (con Beirut al centro della scena) e gruppi terroristici di destra con collegamenti tra Italia, Germania e Francia».
Cosi si legge in un documento ufficiale della Commissione d’inchiesta sull’operato dei Servizi (2005) nella specie in Libano.