DENUNCIA PER STUPRO. PER IL PM “NON È REATO” E CHIEDE ARCHIVIAZIONE

DI CLAUDIA SABA

“È normale, per l’uomo, vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale”.

Queste le motivazioni con cui un pubblico ministero donna in servizio alla Procura della Repubblica di Benevento ha chiesto l’archiviazione di una denuncia per violenza, presentata da una donna nei confronti di suo marito.

Leggere che i presunti atti violenti sarebbero “fatti carnali che devono essere ridimensionati nella loro portata anche perché commessi in una fase del rapporto coniugale in cui lei ha messo seriamente in discussione la relazione, meditando la separazione”, conferma che la violenza maschile continua ad essere sempre giustificata e troppo spesso, non condannata.

Anche quando non espressa nel linguaggio quotidiano, è questa l’idea universale che si ha della violenza sulle donne.

Anche quando un uomo dice il contrario, anche quando certe donne si battono il petto proclamando la loro contrarietà alle violenze verso il genere femminile, il pensare comune resta lo stesso.

Le donne devono subire, chinare il capo davanti all’uomo e sopportare.

La donna in questione, che vive in un centro antiviolenza con i due figli, ha subito maltrattamenti, abusi, e stupri. (perché un rapporto non voluto si deve chiamare con il suo nome: “stupro”)

Ma per questa magistrata, quelli denunciati sono solo “fatti carnali che devono essere ridimensionati nella loro portata.” Reati leciti quindi.

Persino puntare alla gola della moglie un coltello e dire “un giorno i tg parleranno anche di me”, sarebbe soltanto uno “scherzo di cattivo gusto.”

Non ci sono parole.

Parolacce tante.

Legittimare la violenza, è commettere altra violenza nei confronti di chi l’ha già subita. È mostrare superficialità e mancanza di preparazione nella gestione della violenza sulle donne.

Tra molte donne che oggi si occupano di violenza, tra i magistrati, gran parte dei tribunali ma anche tra la gente comune, il pregiudizio nei nostri confronti esiste, resiste e persiste.

Forse denunciare non serve più a nulla?

Forse occorre prendere strade diverse da quelle percorse fino ad oggi, se le sentenze continuano a punire le donne piuttosto che gli uomini violenti.

E forse, ogni tanto, certe sentenze bisognerebbe rispedirle al mittente e opporsi. Riempire piazze tutte insieme, noi donne, e pretendere nuove leggi e nuovi giudici.

Altrimenti le nostre lotte sono state e saranno sempre e solo tempo perso.