DI GIOACCHINO MUSUMECI
La notizia del giorno è la perquisizione presso l’abitazione studio di Giuseppe Conte.
Emiliano Fittipaldi, vicedirettore de “ Il Domani” notoriamente molto critico verso i 5 Stelle, specifica che la perquisizione è avvenuta qualche settimana fa; dunque il tempismo dell’informazione è un po’ quello del pranzo di Di Maio con la Belloni.
Ma niente panico: è stato aperto un fascicolo 44, senza indagati, un rivolo dell’inchiesta prodotta dalle dichiarazioni di Piero Amara ( notoriamente bugiardo ) riguardanti l’esistenza presunta della Loggia Ungheria.
L’evento è stato tenuto in caldo per occasioni ghiotte, niente di meglio che una crisi interna al Movimento.
Ora però vestirò panni molto antipatici. Questa crisi, l’ennesima per la verità, ha radici più antiche e non imputabili all’alleanza col PD che diversi nel Movimento e nell’elettorato vedono come fumo negli occhi. Ma come arginare il fronte sovranista è una questione aperta, da valutare scevri da fondamentalismo ideologico. Ed accade che nel Movimento la logica venga sopraffatta da un istinto ancestrale e un po’ suicida.
I 5 Stelle, scomodo ammetterlo, hanno perso l’etichetta in un momento le cui estreme conseguenze sono i fatti di oggi. Bisogna riavvolgere la bobina e tornare alla crisi scatenata da Renzi. Il mantra del Movimento era “difenderemo solo un esecutivo a guida Conte”. Questo andavano dicendo grillini e Dem. Un po’ a caso visti gli accadimenti successivi.
Venne Draghi e con lui la catastrofe, quella vera. Grillo si consultò con Draghi, forse dopo aver fumato sei chili e mezzo di Mar**uana, infatti sentimmo definire l’ex presidente BCE “grillino”. Questo il primo danno gravissimo: il garante, in piena deriva onirica, poteva condizionare l’orientamento di tutto il Movimento. Ma le allucinazioni non erano finite, l’elevato millantò che l’epico ministero della transizione ecologica a guida pentastellata, avrebbe traghettato il paese verso futuri ecosostenibili e il Movimento avrebbe avuto meriti e gloria.
Ma la favola non avrebbe funzionato senza Di Maio. Pur consapevole che certe scelte avrebbero prodotto danni catastrofici, il ministro propagandava convintamente la necessità di approdare al governo, e incidere per portare a casa riforme. Altra bugia: senza i numeri necessari – visto che per questioni numeriche eravamo appena caduti – l’idea non aveva senso. A cosa mirava quindi Di Maio, lo spiega Di Battista: Di Maio mira a consolidare il suo potere. Il resto è storia.
Storia in cui il Movimento è flagellato è da una guerra insanabile tra governisti e puristi, scatenata da un visionario “strafatto” e un opportunista bugiardo.