DI PAOLO DI MIZIO
L’altro giorno ho avuto la prova di essere inadeguato alla società moderna.
Stavo passeggiando tranquillamente, quando d’improvviso vedo una suora, vestita di bianco con due strisce azzurre sui bordi del velo e della veste. È l’abito delle suore Missionarie della Carità, la congregazione fondata da Suor Teresa di Calcutta.
La cosa che mi incuriosisce è che la monaca imbraccia un kalashnikov e ha il petto solcato a croce da due bandoliere cariche di proiettili. Alla cintola porta un cinturone munito di una Colt e due bombe a mano, e ai piedi calza stivaletti anfibi, come quelli dei soldati.
“Che hai da guardare?” mi dice in cagnesco, facendo cadere la cenere dalla Gauloise senza filtro che le pende dalle labbra.
“Io? Niente” rispondo un po’ frastornato.
“Allora togliti dalle palle. Fila via” mi fa.
E mentre mi allontano titubante, mi ringhia dietro: “Pace! Pace! Pace agli uomini e alle donne di buona volontà!”.
“Pace, sorella, pace!” faccio io, alzando le mani per timore che voglia spararmi.
Poco dopo, mentre stavo ancora riflettendo sulla mia inadeguatezza ai tempi moderni, mi collego in streaming con la piazza di Firenze dove proprio in quel momento, sui maxischermi predisposti dal Comune, inizia il discorso del più grande pacifista di tutti i tempi, Volodymir Zalensky, il presidente ucraino.
Appena compare, la folla dei pacifisti va in delirio: “È lui! È lui!” , “Eccolo! Eccolo!” sdilinquiscono anziane ragazze che ai loro tempi urlavano ai concerti di Gianni Morandi (“Era un ragazzo / che come me / amava i Beatles / e i Rolling Stones…”). E con loro urlano e saltano incanutiti geometri, ragionieri, professori di scuola, avvocati, qualche giornalista di provincia, una manciata di contesse, una gran folla di parrucchiere, estetiste, calliste e chiromanti. È tutto uno sventolare di bandiere coi colori del pacifismo.
L’evento sarà un successo, si capisce subito. Il leader pacifista premette un paio di slogan minimalisti com’è nel suo stile: “La mia gente in Ucraina muore. I russi uccidono le donne gravide e i neonati. Hanno le mani che grondano di sangue”.
Alla parola “sangue” la folla pacifista reagisce come quando sta per arrivare un orgasmo: “Sì! Sì! Ancora! Ancora! Di più! Più forte!”. Le bandiere si agitano come impazzite, la piazza sembra un variopinto mare in burrasca.
In un minuto il guru pacifista viene al dunque: “Dovete mandarci altre armi. Missili”.
“Missiliiiii! Missiliiii” urla il popolo pacifista.
“Dovete mandarci aerei da caccia e bombardieri”
“Bombardieri!!!! Bombardieri!!!” fa eco la folla
“E non basta. Dovete venire a combattere in Ucraina…”
“Sììììì….”
“Tutti voi. Tutti gli europei”.
“Sììì…”
“Dovete mandare i vostri aerei da guerra…”
“Siiiii”
“… e imporre la no-fly zone!”
Non fa nemmeno in tempo a finire “zon…” che scoppia l’urlo assordante della folla:
“Sììììì! Sìììì! Lo vogliooo!!”
“No fly! No fly! For ever!”
“Zone! Zone! Mio Dio, zone!”
“Datelo anche a me! Anche a me!”
È l’orgasmo generale, di massa, in mondovisione, ma che dico: è in cosmovisione.
Anziane vedove sperimentano fremiti multipli che il marito de cujus ai bei tempi manco la metà della metà. Qualche ragazza più giovane ha un mancamento per la forte emozione e devono sorreggerla.
Gli uomini per lo più paiono inebetiti da cotanta orgia di piacere, praticamente scioccati, altro che le seghe dentro casa. Le coppie di fidanzati si abbracciano e piangono l’uno sulla spalla dell’altra, mentre mutandine e blue-jeans si bagnano vistosamente, e non sto neanche a dirvi di cosa.
Allora il guru Zelensky alza le mani, come per dare la benedizione finale, e saluta: “Pace! Pace agli uomini e alle donne di buona volontà”.
Zac! Finisce lo streaming e io rimango improvvisamente solo, affascinato e terrorizzato nello stesso tempo. Rifletto su quella che ormai è una certezza: il mio essere totalmente inadeguato ai tempi moderni.
Se rinasco, voglio essere un pacifista come loro. Voglio imparare. Voglio avere un orgasmo ogni volta che sento la parola pace, mitra, bomba, missile o carro armato. Voglio adeguarmi ai tempi. Ora come ora, sono solo un infelice, un reietto, un ferro vecchio.
Vado a dormire, avvilito, stremato.
Che razza di vita inutile, la mia.