DI VIRGINIA MURRU
Già era chiaro dopo alcune settimane di conflitto in Ucraina, che l’Occidente avrebbe in ogni caso pagato un forte tributo in termini economici a questa assurda invasione. La Russia è un ‘attore’ importante per il settore industriale europeo, da qui viene quasi il 50% del fabbisogno interno di gas dell’Ue, con Germania e Italia che primeggiano nell’import.
Proprio in considerazione di questa forte dipendenza, e del clima di ostilità che si è creato in seguito all’invasione dell’Ucraina, l’Ue ha dovuto valutare con drammatica urgenza alternative all’import di gas.
Il Piano presentato dalla Commissione Ue è stato definito ‘REPower Eu, e si prefigge di alleggerire la dipendenza attraverso il biometano. L’aumento della capacità produttiva dovrebbe arrivare entro il 2030 ai 35 miliardi di metri cubi nell’Ue, e tramite l’attivazione di queste strategie, si arriverà a tagliare il 20% dell’importazione di gas naturale dalla Russia.
Un fattore non trascurabile è che si tratta di un’alternativa sostenibile, che comporterà peraltro una riduzione di costi in quanto sarà prodotta localmente per le esigenze del territorio.
E tuttavia, nonostante i primi provvedimenti con soluzioni meno impattanti, la guerra in Ucraina presenterà il suo conto a tutto l’Occidente. Secondo il presidente dell’Istat, Gincarlo Blangiardo, la crescita potenziale in Italia potrebbe essere abbattuta di circa 20 miliardi. In termini di Pil il costo sarebbe dello 0,7%, con un’inesorabile frenata della crescita prevista per il 2022.
L’ambizione di arrivare ad aprile con un Pil pari a quello precedente la pandemia, non è pertanto più possibile.
Il presidente Blangiardo, in una recente intervista, afferma che c’è stato un ‘blocco nella speranza di ripresa’, e poiché lo scenario geopolitico non fa sperare in una soluzione immediata della crisi, le previsioni potrebbero diventare anche peggiori.
La Commissione europea, nel febbraio scorso, aveva previsto una crescita dell’economia italiana pari al 4,1% , che già era stata una stima ridotta rispetto all’autunno 2021, considerato il fattore ‘caro energia’. Per queste ragioni è probabile, secondo il presidente Istat, che la crescita dell’economia italiana possa contrarsi fino al 3%.
Altro dato aberrante dell’economia è l’inflazione, che in tempo di pandemia ha subito impennate decisamente preoccupanti. A febbraio, su base tendenziale, è arrivata al 5,7%, e al momento non si prevedono cali sostanziali, sempre legati come siamo ad un’emergenza sanitaria che non ha esaurito il suo ciclo, e ora si è aggiunta anche l’incognita sul conflitto in Ucraina, che rende alquanto incerti gli scenari sul piano della stabilità.
C’è un aumento preoccupante di prezzi delle ‘commodity’, si temono forti rincari del prezzo del grano, considerato che l’Ucraina è un grande fornitore per l’intera Europa.
A condizionare questa incerta congiuntura ci sono già variabili non di poco conto, quali il caro-energia e caro-materiale, che peraltro riguarda tutta l’Ue, e al riguardo si dovranno trovare misure idonee a ridurre questi livelli. L’”Energy Recovery Fund” (che è stato pensato con i medesimi intenti del Next Generation Eu), proposto dal Movimento 5 stelle, non ha riscontrato sufficienti consensi, e di certo comunque, non sarebbe un Piano gradito ai cosiddetti Paesi ‘frugali’.
Da sottolineare, dunque, che nel nostro Paese è in corso una decelerazione della ripresa (nel contesto di fattori di rischio al ribasso riguardanti la congiuntura mondiale), cominciata nell’ultimo trimestre dello scorso anno, alla quale ha fatto seguito, a gennaio, un calo della produzione industriale, e una conseguente flessione nelle vendite al dettaglio.
E’ l’inizio di una parabola discendente per la nostra economia, che ha conosciuto nel 2021 un anno di prosperità e speranza di crescita? Siamo più che mai immersi nell’incertezza, e non si possono formulare i migliori auspici quando si ha a che fare con le derive di una guerra in territorio europeo.