DI GIANFRANCO MICALI
Contrariamente a Santoro, a Orsini e al folto esercito di loro “laudatores”, io non ho mai pensato di entrare nella mente di Vladimir Putin. E’ già abbastanza difficile, talvolta, capire e preventivare le azioni di chi sta accanto, figurarsi di una figura così complessa come il capo del Cremlino.
E non sono certo gli aneddoti, a cominciare da quello sul topo nell’angolo, a poter chiarire l’arcano. Come scrive Bernard-Henri Levy sono in molti a preoccuparsi di trovargli una dignitosa via d’uscita dopo l’irresponsabile invasione dell’Ucraina. Beati gli ottimisti.
Chi crede nella bontà della forza in genere si sente autorizzato a proseguire più spedito in altre direzioni. Ma, come accennato all’inizio, considero un autentico labirinto la mente umana, compresa quella, così bene scandagliata da tutti coloro che invece addebitano alla Nato, a Biden, agli Usa le colpe di questa sciagurata guerra.
A suo tempo, mi sono sempre indignato, qualunque fosse la motivazione, per le aggressioni ad un altro stato. Che si chiamasse Vietnam, Afghanistan, Irak, Serbia o Libia.
Il fatto che Putin sia nel solco di quelle orribili guerre non può giustificarlo in alcun modo, e come a suo tempo ero idealmente dalla parte di Ho Chi Min e di Giap, adesso rimango ammirato dal coraggio di Zeleski e dei suoi.
Perché sono un guerrafondaio? No, non ho mai avuto un’arma tra le mani, non ho neppure fatto il militare, ma almeno moralmente sento il dovere di stare dalla parte dell’aggredito, che è normalmente, salvo sorprese, quasi sempre il più debole