LA FABBRICA DEL CONSENSO

DI MARIO PIAZZA

 

Prendo in prestito il titolo di un libro scritto trent’anni fa da Noam Chomsky ed Edward Herman per una riflessione.
Il giudizio che ognuno di noi esprime su qualsiasi cosa dipende dalle informazioni di cui disponiamo e fin qua dovremmo essere tutti d’accordo, giusto?
E’ per questo che nei paesi totalitari televisione e stampa sono strettamente controllate dal governo, da quelle parti il governo decide cosa è giusto e utile per il Popolo nella migliore delle ipotesi, cosa è utile per se stesso nella peggiore.
Nei paesi democratici invece ognuno è libero di trasmettere o pubblicare ciò che vuole entro gli ampi limiti stabiliti dalla legge, noi ascoltiamo e leggiamo ciò che ci interessa e formiamo la nostra opinione. Vale per i prodotti, per i casi di cronaca giudiziaria, per i personaggi pubblici e per qualsiasi altra cosa non siamo in grado di verificare personalmente.
E qua casca l’asino, perché contrariamente a ciò che sarebbe logico che avvenisse più un argomento è controverso e più le informazioni che riceviamo vanno tutte nella stessa direzione. Soprattutto quando in gioco ci sono miliardi di Euro il dissenso non è gradito e chi lo esprime viene attaccato, emarginato e spesso ridicolizzato da chi ha deciso quale debba essere quella direzione.
A differenza dei paesi totalitari quale sia la direzione non lo decide il “politburo”, lo decidono i grandi gruppi industriali che possiedono le testate giornalistiche e i canali televisivi, in subordine le loro appendici politiche che spadroneggiano nella istituzionale lottizzazione delle reti pubbliche.
A differenza dei paesi totalitari da noi la seppur rara opzione del “giusto e utile per il popolo” non esiste, a chi debba tornare utile la direzione scelta è scritto nero su bianco nell’atto costitutivo di tutte le società per azioni dove la parola “verità” non viene mai menzionata, l’unico bene da difendere e promuovere a qualsiasi costo è l’azienda stessa.
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