DI BARBARA LEZZI
Tutti i leader dei partiti di maggioranza hanno chiesto qualcosa a Draghi.
Chi di riferire in Parlamento sull’invio armi, chi lo scostamento di bilancio per aiutare famiglie imprese.
Il Migliore fa trapelare veline non firmate a mezzo stampa nelle quali minaccia il voto in accordo con il Quirinale.
Le reazioni dei leader sono scontate, tornano a sbraitare sui media senza dimenticare di rassicurare la stabilità di governo.
Per Draghi va tutto bene.
Potrà andare da Biden per ritirare gli ordini da eseguire e a spendere una buona parola per se stesso che ambisce alla poltrona più alta della Nato. Potrà portare avanti la sua strategia finalizzata ad assecondare gli USA nel prosieguo del conflitto che produce morti e distruzione e che risulta letale per un Paese come il nostro alle prese con rincari esorbitanti, difficoltà nel reperire materie prime e povertà in aumento.
Per alcune imprese sta addirittura diventando sconveniente produrre e sarà sempre più difficile ripartire quando finalmente sarà tutto finito. Se non si sostiene il sistema produttivo, si corre il rischio di perdere per sempre migliaia di imprese con i relativi posti di lavoro
La strategia dilatoria di Draghi e della sua maggioranza nell’erogare gli aiuti, lascia estendere le ferite di questa crisi. Aiuti modesti che risultano inefficaci come un cerotto su un taglio profondo.
Ci vorrebbero coraggio e coscienza per smetterla di pensare solo alle proprie ricollocazioni e ascoltare le richieste di aiuto che arrivano da fuori dei palazzi.