DI GIOACCHINO MUSUMECI
TUTTI LESTI A CANCELLARE LA partecipazione degli artisti russi dalle competizioni letterarie, musicali e sportive ma nessuno chiede di cancellare le svastiche dalle divise e bandiere Azov perché c’è chi s’offende.
24/02/2022: Il regime Russo invade l’Ucraina. Da li in poi ogni piano speculativo è stato ribaltato con naturalezza sconcertante a confermare la predominanza del radicalismo istituzionale nelle cosiddette società democratiche. Anche una parte dell’opinione pubblica ha assimilato lo schema tribale secondo cui rigettare un invasione senza corredarla di russofobia è familiarizzare impropriamente con Mosca.
Oggi dire “non ho nulla contro i russi ma li evito” è una garanzia di stima presso le istituzioni democratiche dello stivale. Il tutto per liberarsi dall’occhio strategico di Mosca ma subire quello di Kiev secondo cui il mondo deve vivere l’invasione con lo stesso patriottismo ultranazionalista di Azov che in fondo per non morire, come s’è visto, ha dovuto cedere le armi. Quando la guerra non è spot ma si svolge sul campo, la propaganda non basta.
Tutto ciò contro un avversario che secondo il nostro racconto, pur essendosi impadronito del Donbass, sta perdendo la guerra. Questo in tema di ribaltamento della realtà.
Russofobia: S’è cominciato con l’ostracismo di coloro che non dichiarassero pubblicamente dissenso a Putin. Se ciò è ammissibile, non è accettabile che parallelamente istituti accademici abbiano provato a cancellare corsi di letteratura russa, come nel caso di Dostoevskij poi reinserito per la polemica che ne seguì.
Ma questo non è bastato, nella propaganda a pioggia, che peraltro non funziona, si è deragliato e oltre sanzioni inutili, dato che il Rublo è la moneta più cresciuta del 2022 e l’ Euro è quella maggiormente indebolita, si è passati alla cancellazione culturale.
Artisti, atleti, perfino animali e piante russi sono esclusi dalle competizioni.
Quando la politica usa la propaganda per normalizzare la criminalizzazione di un intero popolo bisogna preoccuparsi perché si è scivolati nella categorizzazione del male scelto apposta per esaltare la nostra immagine di perfetti buoni. Ma pensiamoci bene, Putin per consolidarsi ha demonizzato l’Ucraina trasformandola nella fornace del nazismo moderno da abbattere.
Se non vogliamo trasformare l’europeismo in una terrificante forma di suprematismo vendicativo, non possiamo fare gli stessi errori ideologici di Vladimir Putin e indicare la Russia come una vagina maligna da sterilizzare. Eppure lo stiamo facendo.
Un giorno scrissi che l’Italia non è mai guarita dal fascismo, oggi invece scrivo che l’Europa non si è mai liberata dal fantasma suprematista oggi derubricato genericamente a superiorità occidentale. Siamo tolleranti entro i confini del gigantesco ghetto democratico europeo e nel caso dell’Ucraina abbiamo preteso, sbagliando, di trasformarla in una piazza europeggiante con un governo a noi compiacente.
Ma il risultato è che l’Ucraina di oggi è il triste epigono di uno stato democratico afflitto da piaghe tipiche di un regime autoritario: libertà di stampa assente, persecuzione e arresto dei delatori di Zelensky, eliminazione de facto di tutti i partiti d’opposizione, oppressione dei russofoni e clima perenne di sospetto coercitivo.
E’ davvero tutta colpa di Putin? Siamo noi i più belli del reame?
Volevamo a tutti i costi uno stato democratico ai confini della Russia e pensavamo che Mosca non esistesse, invece esiste eccome.
C’è un proverbio: “Chi troppo vuole nulla stringe”.
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