INGRESSO DELL’UCRAINA NELLA UE: PERCHE’ CI VORRANNO DECENNI

DI ENNIO REMONDINO

 

La Francia gela Kiev: «L’Ucraina entrerà nell’Unione Europea tra 15-20 anni». La Polonia spinge per lo ‘sconto’ e chiede: «Ingresso rapido». «No alle scorciatoie» avverte il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che aveva dichiarato di “non essere favorevole” alla rapida adesione del Paese al Blocco europeo.
Cosa accadrà realmente alla fine dello sciagurato conflitto.

Zelensky a raffica

Il contrattacco comunicativo del presidente ucraino Zelensky, quando passa dalla resistenza eroica alla politica, spesso si contraddice e per alcuni altro protagonisti nel mondo, a volte esagera. Dalle richieste militari, vedi la pericolosissima ‘no fly zone’, a sempre più armi e più soldi. E la reiterata perorazione del blocco delle impostazioni dalla Russia, gas compreso, «costi quel che costi», ma in casa altrui.
Botta e risposta. Macron e Scholz gelano Kiev. Stop a eventuali accelerazioni a un ingresso di Kiev in Europa con il ‘no alle scorciatoie’ pronunciato al giorni fa dal cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che aveva dichiarato di “non essere favorevole” alla rapida adesione del Paese al Blocco europeo. «Nel frattempo il Paese potrebbe entrare a far parte della comunità politica europea» concede il presidente francese Macron.

Onestà cercasi. “Bisogna essere onesti -avverte il neo ministro francese per gli Affari Europei Clement Beaune -. Se si dice che l’Ucraina entrerà nell’Unione Europea in 6 mesi, 1 anno o 2 anni, si mente. Non è vero, Probabilmente tra 15 o 20 anni… ci vuole tanto tempo” .

Quanto tempo e per fare cosa?

Perché ci vorranno decenni, provano a spiegare sul Corriere della sera Francesco Battistini e Milena Gabanelli. Spiegazione tecnica facendo necessariamente i conti con la politica.
«Il primo di marzo, una settimana dopo l’inizio dell’invasione russa, Volodymyr Zelensky s’è collegato dal suo bunker di Kiev col Parlamento europeo, riunito in sessione straordinaria. È stata una giornata a suo modo storica: poche ore prima il presidente ucraino aveva firmato la richiesta d’aderire all’Unione Europea. E Strasburgo – con 637 sì, 13 no e 26 astenuti – in quella data ha esortato i 27 Paesi dell’Unione a concedere a Kiev lo status di candidato membro dell’Ue».

Memoria storica

«Nel 2013, il governo filorusso di Viktor Yanukovich rifiutò d’approvare un accordo d’associazione economica all’Ue – che impegnava l’Ucraina a fare riforme in cambio d’assistenza finanziaria e d’aperture sul mercato europeo – e bastò quel no a scatenare la rivolta di Maidan, la fuga di Yanukovich in Russia, l’annessione della Crimea da parte di Putin, l’inizio della guerra nel Donbass», aggiunge il Corriere. Quell’accordo post Maidan, approvato dal governo filo-occidentale di Porosenko ed entrato in vigore nel 2017, sarebbe una delle ragioni che hanno spinto il Cremlino all’invasione.

La richiesta di scorciatoia

Zelensky ha chiesto al Parlamento di Strasburgo anche una «nuova procedura speciale», cioè una scorciatoia per l’ingresso nell’Ue. Un’eccezione mai esistita. «È una cosa giusta e ce la meritiamo» insiste Zelensky, e forse, con la sua insistenza che già trova qualche difficoltà nell’opinione pubblica Usa, con l’Ue politicamente sbaglia. Anche perché, contando sugli sconvolgimenti politici da guerra e la possibilità d’una procedura accelerata, alla richiesta di Zelensky si sono accodate anche la Georgia (il 3 marzo) e la Moldova (il 5 maggio).

Mille dubbi

Quant’è reale la possibilità che l’Ucraina diventi, in tempi brevi, un membro dell’Europa? E com’è possibile che possa prendere scorciatoie un Paese attualmente in guerra, che non ha il controllo del suo territorio e dov’è impossibile stabilire in via definitiva se la Crimea sia Ucraina oppure no, o se il Donbass sia una regione autonoma? «Non basta però bussare, per essere accolti», aggiungono Francesco Battistini e Milena Gabanelli.

I tempi ‘tecnici’ di ingresso

Fatta la domanda di adesione, inizia un lungo e niente affatto scontato percorso. Primo, ottenere lo status di ‘candidato’, nella condivisione dei «valori comuni». A valutare è la Commissione, tempo anche un anno e mezzo. Esempio: la Bosnia ha presentato la domanda di adesione nel 2016, ma ancora oggi non ha ottenuto lo status di candidato.

Condivisione di valori

La commissaria Ursula von der Leyen ha detto però che gli ucraini «ci appartengono e condividono i nostri valori», e si è impegnata a pronunciarsi entro giugno. Ma dopo la Commissione, a esprimersi all’unanimità dev’essere il Consiglio europeo che, a sua volta, informa i parlamenti nazionali dei 27 Paesi membri. A quel punto è il Parlamento europeo, con un voto a maggioranza, a conferire lo status di candidato. Che ancora non significa l’ingresso in Europa.
La Turchia è candidata dal 1999, ma è ferma là, perché l’Ue ha preso tempo e perché il presidente Erdogan – tra violazioni dei diritti umani e islamizzazione di Stato – non ha mai fatto un solo passo per andare verso i requisiti richiesti. Entrare nell’Ue richiede una procedura lunghissima.

I negoziati su 35 materie

Ottenuto lo status di candidato, seguono i negoziati su 35 materie, perché le leggi del Paese candidato devono armonizzarsi a quelle comunitarie. Un elenco quasi infinito: dal fisco alla giustizia, istruzione, sanità, sistema bancario, politiche energetiche e agricole, dogane, trasporti, diritti umani, ambiente, regole sugli alimenti e sulla veterinaria.

Il vincolo dell’unanimità

Questi negoziati durano anni perché, sui 35 capitoli, il Paese candidato deve spesso confrontarsi in trattative bilaterali coi singoli Stati membri, quindi riferire alla Commissione europea che, di volta in volta, fissa gli obiettivi per ogni capitolo e le date per il raggiungimento in ciascuna delle 35 materie.
Quando tutte le laboriosissime verifiche sono terminate, il trattato di adesione dev’essere approvato all’unanimità dal Consiglio Ue e a maggioranza dal Parlamento europeo. Infine, sul via libera definitivo all’ingresso in Europa, si devono pronunciare i Parlamenti nazionali dei 27 Stati membri che sono chiamati a ratificare con le solenni procedure richieste per qualsiasi trattato internazionale.

Zelensky la fa facile, ma è politica interna

Esempi. Alla Croazia che dalle guerre balcaniche degli anni Novanta era uscita da un bel pezzo, è servito un intero decennio. Albania e Macedonia del Nord: le loro risposte al questionario per il riconoscimento dello status di membro, che Zelensky svela d’avere «completato in poco più d’una settimana», hanno richiesto anni e han riempito decine di volumi.

«Qualche giorno fa – racconta il presidente della commissione Esteri della Camera, Piero Fassino – l’ambasciatore macedone mi ha chiesto: scusate, ma per entrare in Europa dobbiamo farci invadere anche noi da Putin?».

Chi spinge e chi frena

Sulla procedura rapida per dare all’Ucraina lo status di candidato tutti sembrano d’accordo, ma le cose cambiano quando s’ipotizzano le tappe successive, quelle dei negoziati. «Opinioni e sensibilità diverse», le chiama Bruxelles. A favore di un ingresso accelerato spingono l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Slovenia. Schieramento Baltico e post comunista, più o meno. Protestano apertamente quei Paesi che da anni stanno negoziando ma non sono ancora riusciti ad entrare: Macedonia del Nord ha ottenuto lo status di Paese candidato nel 2005, il Montenegro nel 2010, la Serbia nel 2012 e l’Albania nel 2014. Freddi invece sulla reale possibilità di ingresso dell’Ucraina in tempi rapidi la Germania, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo e la Francia.

La posizione dell’Italia né a noi e neppure al Corriere risulta pervenuta

Le ragioni della prudenza

Prima di tutto si deve arrivare alla pace e l’Ucraina dovrà definire la sicurezza dei suoi confini. Dovranno seguire gli aiuti per una ricostruzione che la Commissione ha valutato in 500 miliardi di dollari. E tanti altri guai di non poco conto. C’è una risoluzione del Parlamento europeo sulla gravità della corruzione nelle istituzioni ucraine. C’è il capitolo dati personali e banche dati a Paesi e l’utero in affitto a fini esclusivamente commerciali, sempre tra i problemi noti. Entrando nell’Unione si trascinerebbe dietro Georgia e Moldova e l’esperienza già fatta dell’allargamento ad est, soprattutto con l’Ungheria e la Polonia non aiuta. Ma soprattutto, con i suoi 44 milioni di abitanti, diventerebbe per dimensioni e peso il quinto Paese dell’Ue.

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24 Maggio 2022