DI ANTONELLA PAVASILI
Lei, a “Matri a littra”.
Patrona di Messina e respiro di Sicilia.
La prima emozione, il primo profumo, il primo batticuore.
La Madonnina della Lettera.
Piccola e immensa.
Speciale, come la nostra città.
Perché Messina non è una città qualunque.
Con tutte le sue contraddizioni, con le sbavature, con le baracche che ancora resistono, con le ferite aperte del maremoto del 1908, con la doppia r inghiottita dalla schiuma “da bira” che non occorre specificare, che tanto sempre quella è.
Menza bira, bira Messina ovviamente.
La nostra città.
Sprecona e avara, esagerata, buccazzara, sciampagnuna, generosa.
La città da menza granita ca panna, della limonata a sale, da focaccia e degli arancini.
Che ingoiamo solo dopo averli conditi con l’effluvio della nostalgia.
“Ti ricoddi l’arancini i Nunnari? E i graniti o ritrovo Irrera? E a passiata da Fera?”
Perché noi proprio non riusciamo a non rimpinzarci di cibo e nostalgia.
Perché “prima” era tutto meglio, più bello.
Perché “prima” Messina era il salotto di Sicilia.
Prima.
Come se dopo non fosse più la nostra città, la nostra Messina.
Che invece è sempre lei.
Struggente, magnifica, unica.
Eterna.
Come a “Matri a littra”.
Che la protegge e che invece è bella come “prima”.
È sempre Lei.
“A Madunnuzza du Strittu”.
Che sempre ci benedice.
E ci perdona.
Tutto, malgrado tutto.
Auguri Messina nostra
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La spettacolare foto è del Maestro Marcello Santalco.