IL FONDAMENTALISMO UCRAINO

DI GIOACCHINO MUSUMECI

 

Il fondamentalismo ucraino è, come tutti gli estremismi, qualcosa da cui distanziarsi con lucidità pur nel perimetro della solidarietà verso un popolo aggredito. Macron torna a chiedere di “non umiliare Putin” e il ministro ucraino Kuleba lo critica: “Gli appelli per evitare l’umiliazione della Russia possono solo umiliare la Francia e ogni altro paese che lo richiederebbe. Perché è la Russia che si umilia. Concentriamoci tutti meglio su come mettere la Russia al suo posto. Questo porterà pace e salverà vite.”

Solita premessa: l’invasione non è assolutamente condivisibile. Ma l’atteggiamento dei vertici istituzionali Ucraini è ottuso e non bisogna farsi condizionare da esperti della manipolazione.

Intanto la pretesa di giudicare: immagino saranno in francesi a decidere se Macron li umilia. A parte questo “non umiliare” è ciò che si sarebbe dovuto fare prima che scoppiasse il conflitto ma Kuleba, come del resto Zelensky, riduce la politica estera a la realizzazione di ambizioni “regionali” priva dei necessari e ampi orizzonti forniti da un grado di maturità politica e democratica maggiore di quello della classe dirigente ucraina infarcita di nazionalismo un po’suicida.

Se dalle dinamiche del confine Ucraina/ Russia, dipende la stabilità di un continente, Kiev non può pensare come se a est non ci fosse nessuno dall’alto della propria debolezza economica e militare. Come s’è visto, ciò ha significato coinvolgere 27 governi in una guerra in cui la sopravvivenza ucraina dipende da aiuti esterni. Tutto ciò è sintomatico di gravissima cecità, la stessa che affligge anche noi, intendo l’Italia.

L’ultima cosa che occorre quindi è la lezione di morale dei ministri ucraini affranti dall’invasione e totalmente irrazionali. A tal punto che il presidente Zelensky ha sempre mostrato totale indifferenza anche alla prospettiva di un conflitto mondiale, e ciò, nonostante i tentativi di razionalizzare l’idea, è totalmente folle.

Kuleba, come altri, dovrebbe limitarsi a un atteggiamento più educato e esprimersi al massimo sulle idee del popolo ucraino non elevarsi a rappresentante di popoli europei. Bisogna ricordare a malincuore che l’Ucraina comunque è culturalmente lontana dall’Europa e questo va tenuto in debita considerazione, non minimizzato con la propaganda di una guerra di liberazione le cui conseguenze globali, escluse quelle economiche già gravi, possono diventare devastanti.

In realtà siamo coinvolti in una guerra per programmazioni militari e ambizioni di riconquista della Crimea patteggiate tra Kiev e Washington. Insomma conosciamo tutti la storia e va ancora bene purché Kiev cominci a valutare la pace e spieghi in termini comprensibili cosa significa militarmente “rimettere la Russia al suo posto”. A naso, significa ricacciare i Russi indietro e questo, a parte la fandonia delle vite risparmiate e l’ovvio allontanamento della pace, comporta una guerra che Kiev può permettersi esclusivamente se noi vogliamo, non il contrario.

Più esplicitamente Kuleba pensi a come gestire buoni rapporti coi partner europei che gli stanno salvando il culo.

Invece i rapporti dei singoli stati con la Russia saranno indipendenti dalle intemperanze Ucraine. Ci dispiace non poter condividere il sentimento antirusso e l’idea di nuclearizzare Mosca come ventilato a suo tempo dalla nazista democratica Julia Timoshenko. Insomma capiamo che Kuleba è ossessionato da Mosca ma la storia dell’Ucraina non è nostra storia e non lo diventerà.

Comunque Kuleba non dovrebbe temere, qui siamo naturalmente tutti d’accordo sul fatto che l’invasione è ingiusta ma al contempo non siamo d’accordo sul farci dettare la linea politica da Kiev. Anzi qui in tanti pensiamo che Kiev dovrebbe concentrarsi più su come programmare la pace per smettere prima o poi, meglio prima, di mandare al massacro i propri cittadini secondo i programmi di Washington e Londra.

E comunque Kuleba, se non vi piace il nostro modo di concepire la vostra guerra, perché è vostra e non nostra, smettete di chiedere armi e cavatevela da soli.