DI VIRGINIA MURRU
Dopo il lunedì nero, stamattina i mercati hanno tentato di rimbalzare, ma i listini delle piazze europee sono ancora deboli, la corsa alle vendite di ieri ha lasciato il segno, continua a crescere lo spread, e l’inflazione resta la bussola impazzita di un sistema economico vincolato a troppe incognite. In Germania, uno dei paesi in cui l’inflazione è stato il paradigma del malessere, si va avanti con il trend negativo.
Il timore che la Fed abbia deciso per un rialzo di 75 punti è diventato lo spettro dei mercati. Il bitcoin intanto continua a perdere terreno, al momento si rileva un altro 10% in meno. Ma ieri per le borse è stata durissima.
La tempesta che si è scatenata nei mercati – già in fibrillazione per l’insidia del conflitto in Ucraina e il persistere dell’incertezza sulla pandemia – è dovuta al forte timore che la Fed si stia lanciando in un rialzo quasi traumatico dei tassi. E’ possibile, infatti, che gli interventi della Banca centrale americana al riguardo siano del tenore di 75 punti base, in ogni caso è questione di giorni, dato che la riunione del Direttivo è prevista entro la settimana, forse già domani pomeriggio. Le borse asiatiche hanno reagito in maniera forte a questa prospettiva, quasi in rivolta.
Nelle piazze europee gli effetti non sono stati meno incisivi, erano peraltro reduci da un venerdì caratterizzato da forti ribassi. Le perdite ieri sono state davvero notevoli, oltre l’1%, lo spread tra Btp e Bund ha raggiunto i 245 punti base, con il decennale che sfora il 4%, così male solo nel 2014.
Il problema di questo ciclone che si è abbattuto un po’ ovunque nei mercati viene dalla politica monetaria aggressiva che la Fed intende perseguire, il forte rialzo dei tassi previsto supera quello di 50 punti già supposto dagli investitori. Ma ora il rischio di questa politica monetaria spregiudicata potrebbe innescare meccanismi di recessione negli States. Il decennale americano T-Bond con i rendimenti va oltre il 3%, neanche gli altri titoli sono immuni. La paura governa anche le scelte della Fed, condizionate da un’inflazione che continua a galoppare, e che va ai massimi da una quarantina d’anni a questa parte.
Wall Street non poteva che finire in profondo rosso. il Dow Jones perde il 2,79%, il Nasdaq cede il 4,68%. E sono i bond a segnalare una possibile recessione. Fitch taglia le stime di crescita del mondo
A Milano intanto sono stati bruciati in questo lunedì nero 10,2 mld di euro di capitalizzazione sul listino principale, si chiude sotto i 22mila punti. I titoli bancari sono stati i più bersagliati. Ma anche per Saipem è stata una giornata nera, ha perso il 14,8%.
Proprio la Saipem, piattaforma tecnologica e di ingegneria avanzata per la progettazione, aveva appena firmato un Memorandum of Understanding con Trevi, per soluzioni e servizi di perforazione di fondazioni e progetti di parchi eolici offshore San Donato Milanese.
A fine seduta, ieri, il Ftse Mib ha chiuso a -2,8%, similitudine con febbraio 2021. Ma non hanno navigato in acque tranquille le altre principali Borse europee. Il Cac a Parigi è andato sotto il 2,67%, il Dax di Francoforte si è fermato a -2,43%, l’Aex di Amsterdam è sprofondato a -3%, e a Londra il Ftse100 ha lasciato sul campo l’1,53%.
Il fatto è che non si tratta di un fulmine a ciel sereno, e che le perdite degli ultimi mesi non sono state di poco conto. Il Ftse Mib in due sedute ha perso 30 mld di capitalizzazione, che pesano come piombo, data la congiuntura economica tempestata d’incertezze.
I mercati si sono rivoltati anche alle scelte della Bce, peraltro già nell’aria da mesi, ossia all’aumento dei tassi, che certamente sarà più soft rispetto alle incursioni della Fed, e tuttavia sono interventi che non si riveleranno indolori, se si considera anche la fine annunciata nell’ultima conferenza stampa del programma di acquisti di titoli. Il primo rialzo dei tassi è previsto a luglio, e sarà di un quarto di punto, un altro seguirà a settembre. Per chi si accinge ad acquistare casa con il ricorso al mutuo, non è una bella notizia.
E’ già previsto che l’effetto collaterale più prossimo, causato dagli alti livelli di spread e aumento dei tassi, sia la riduzione della domanda privata. Il consigliere economico Giavazzi, è perplesso, e sostiene:
“La Bce – aggiunge – promette di alzare i tassi per rispondere all’aumento dell’inflazione con uno strumento sbagliato. Noi non abbiamo una inflazione da domanda come negli Usa ma abbiamo una inflazione legata al prezzo del gas. Quindi a fronte della riduzione della domanda privata dei prossimi mesi dobbiamo accelerare il Pnrr”.
La Bce continua a monitorare l’inflazione, che già dal 2021 ha seguito un andamento in crescendo, e non può corrispondere alle esigenze dell’Eurotower, che ha sempre mirato a tenere il tasso sul livello del 2%.
Alla base della crescita dell’inflazione ci sono i rincari dei prodotti energetici, principale fattore di un trend in ascesa continua, ma anche i prezzi degli alimentari e dei servizi contribuiscono a questi stravolgimenti. E c’è poi il conflitto in Ucraina, altro elemento destabilizzante per l’economia dell’Occidente, forse reale obiettivo del Cremlino. L’offerta in definitiva, a livello globale, visto che viaggiamo in una locomotiva della globalizzazione, è stata penalizzata da una serie di eventi negativi (non ultimo la recrudescenza della pandemia in Cina) che hanno portato ad una contrazione dell’economia mondiale.
Ci sono tuttavia segnali incoraggianti, vigorose spinte propulsive derivanti dalla riapertura di tante attività economiche, e c’è un tasso di disoccupazione ai minimi storici, insieme ad un buon movimento nei consumi, gli incentivi e misure di sostegno varati dai governi sono buoni stimoli, al fine d’incoraggiare i consumi e sostenere famiglie e imprese.
La Bce si propone di riportare l’inflazione all’obiettivo di sempre, ossia del 2% nel medio termine, oltre che ‘normalizzare’ la politica monetaria tramite la fine degli acquisti netti di asset, nell’ambito del Programma di acquisto attività.
I mercati non hanno accolto con favore queste misure, che pure erano attese, e pertanto la Bce è probabile che, per ridurre l’avanzata preoccupante dello spread, decida di non porre completamente fine in questo momento già critico sul piano geopolitico, al Programma di acquisti.