DI VINCENZO G. PALIOTTI
Manca poco al referendum e le perplessità se votare SI o NO sono sempre tutte lì. C’è una cosa poi, a leggere tanti commenti sui social, che tiene in sospeso dal decidere: la legge elettorale. Perché cambiarla dopo?
Sbaglierò ma a mio modesto avviso questa era da fare prima per due motivi. Il primo è che un palazzo lo si costruisce dalle fondamenta e non lo si comincia dall’attico. Il secondo è perché quel dopo non convince, sinceramente non mi fido. Erano tante le cose promesse in questa legislatura, due di queste molto importanti che sono rimaste nelle intenzioni: la reintroduzione dell’art. 18, la legge Fornero, forse i cambiamenti più promessi e non mantenuti. E invece ci siamo trovati con le leggi sulla sicurezza di Salvini, che sono ancora lì.
Ed allora con questi presupposti la legge elettorale doveva per forza venire prima e non dopo perché quel dopo, come detto e come dimostrato, non sempre si realizza. Questo avrebbe spazzato via tanti dubbi che invece restano per chi, come me, si rifiuta di accettare la “scatola chiusa” che troppe volte o è rimasta chiusa o, una volta aperta, vi ha trovato l’esatto contrario di quanto ci si aspettava. Mah, abbiamo ancora qualche giorno.
Poi quelle liste bloccate e quello sbarramento al 5%, che impedirebbe a milioni di elettori di essere rappresentati, non mi fanno stare tranquilli e non mi conforta l’idea che in Parlamento rimangano quattro/cinque forze politiche a dettar legge. Ma poi mi aspettavo anche un inasprimento delle regole che disciplinano la candidabilità di un individuo.
Sono questi dubbi che, probabilmente, se fosse andata in maniera diversa, più logica, più trasparente non ci sarebbero. Oltre al fatto che la questione referendaria è stata troppo politicizzata, tanti, troppi, votano per seguire l’indirizzo del partito al quale appartengono e non valutando il merito che è cosa veramente importante per il futuro della democrazia.