DI RAFFAELE VESCERA
Ecchelà, chiuso dal più attendibile leader Giuseppe Conte e bacchettato dal padre fondatore Beppe Grillo, infine, Luigi Di Maio sceglie il giorno di San Luigi Gonzaga per farsi un regalino, presentandosi, al solito incravattato, a una breve conferenza stampa per darla a bere ai gonzi sulle cause che l’hanno spinto a terremotare la sua casa natia, spaccando il Movimento cinque stelle.
Il giovane ministro della difesa, già ministro di chissà quale sviluppo economico e di quale lavoro e vicepremier con il governo Conte, si rivolta contro papà Beppe, rinnegando il principio dell’uno vale uno, da lui stesso agitato e banalizzato per dieci anni, per porsi come leader di una pattuglia di parlamentari di scarsa competenza, ma questo è un problema comune alla maggior parte dei parlamentari italiani, lanciando un nuovo partitino.
Con quale programma non sappiamo, al momento sappiamo solo che sarà fedelmente “draghiano” e punterà sui territori, a partire dai sindaci. In questo stroncato dall’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris il quale ha dichiarato che in dieci anni e mezzo da sindaco non ha mai visto il pur cittadino della cintura napoletana ministro Di Maio.
Il nuovo movimento lanciato “urbi et orbi” da Di Maio che si chiamerà “insieme per il futuro”, è stato così freddato dall’ex sodale pentastellato Di Battista, che come noi non crede che il casus belli della rottura con Conte sia l’invio delle armi all’Ucraina: “Governare con tutti per portare a casa comode poltrone si chiama ignobile tradimento…lo fa per il suo futuro”.
Già, tra pochi mesi scade il secondo mandato parlamentare di Di Maio e altri suoi seguaci, e stante l’ostativa regola del M5S al terzo mandato, se ne dovrebbero tornare a casa a fare ciò che probabilmente sanno fare meglio, il proprio mestiere.
A proposito di alto tradimento, dov’è il M5S con il suo capo politico di Maio che doveva rivoltare il sistema combattendo tutte le ingiustizie partendo dagli “ultimi”?
Un M5S guidato da Di Maio che facendosi beffe di oltre il 40% di consensi carichi di speranze di riscatto degli elettori meridionali fa il suo ingresso funebre al governo con la Lega Nord, il nemico storico del Sud. E poi, non avendo più i numeri, si allea con il Pd, che tanto amico del Sud non è, e poi ancora nel calderone del governo Draghi, espressione di quel sistema che doveva rivoltare come un calzino?
Personalmente non ne sono sorpreso, da me interrogato qualche anno fa sulla questione meridionale, ovvero la più grande ingiustizia italiana, mi rispose seraficamente che “non esiste alcuna questione meridionale”, e poi a fronte delle rimostranze sull’ingresso nel M5S di Luigi Paragone, già leghista e direttore del giornale “La Padania”, mi rispose che era un “buon acquisto”. Certo buono come mediatore tra lui e Salvini per concordare il governo con la Lega Nord.
Questo M5s ridotto all’osso nelle ultime elezioni, più di tutto in quel Sud che l’aveva accolto come un liberatore dalle discriminazioni economiche e sociali che il Mezzogiorno subisce dallo Stato, ora lascia un campo di feriti e delusi.
Che cosa ci riserverà il Di Maio “centrista”, l’autonomia regionale differenziata e altre mazzate mortali alle regioni più deboli?
Al Sud occorre un nuovo movimento che sappia guarire i feriti e confortare i delusi, con loro combattendo per il riscatto del Sud, questo sì utile al riscatto di tutto il Paese.