DI EMILIANO RUBBI
Giggino Di Maio che dice che “non si possono dare risposte semplici a problemi complessi” è meraviglioso.
Cioè, è tipo come se Salvini dicesse che incolpare i migranti per ogni problema del Paese è una cosa da sciacalli.
Di Maio: l’uomo che aveva “abolito la povertà”, quello che festeggiava in balcone uno scostamento di bilancio firmato solo dal suo partito, quello che era diventato il primo vicepresidente del Consiglio della Storia d’Italia a sbagliare sistematicamente ogni congiuntivo, colui che era fermamente convinto che Pinochet fosse venezuelano, quello che per poco non ci faceva rompere le relazioni diplomatiche con la Francia andando a supportare (da vicepresidente del Consiglio) le frange neofasciste dei gilet gialli, il leader di un partito che voleva mettere “una massaia brava a far quadrare i conti” a fare il Ministro dell’Economia.
Ecco: lui, oggi, gioca a fare “il responsabile” e parla di “soluzioni semplici a problemi complessi”.
Bellissimo.
E la cosa fantastica è che, per puro caso, praticamente quasi tutti i parlamentari che hanno assecondato la sua “scissione” dal M5S, sono al secondo mandato.
Ovvero, secondo le regole grilline, non potrebbero ricandidarsi il prossimo anno, come del resto Di Maio stesso.
Ma chiaramente si tratta di una pura coincidenza, eh, non pensate male.
Nel frattempo Conte (ovvero uno diventato l’idolo di una parte dei “progressisti” perché, dopo aver messo la faccia su ogni porcata di Salvini, mentre era Presidente del Consiglio, lo aveva bacchettato quando Salvini stesso aveva cercato di far cadere il suo Governo), al momento è in piena emorragia di consensi.
Incredibile: un partito (pardon, un MoVimento) che era stato votato perché voleva “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, perde i voti, se all’improvviso si trasforma in uno splendido esemplare di tonno pinna gialla.
Chi l’avrebbe mai detto? Assurdo.
E insomma, Conte, che qualche buontempone aveva fatto assurgere al rango di “statista” dopo il suo triplo carpiato da “avvocato del popolo” a “restiamo separati oggi per abbracciarci più forte domani”, oggi prova a fare un dietrofront e a creare problemi a Draghi.
Perché è davvero contrario all’invio di armi in Ucraina?
Macché, aveva votato senza problemi la cosa appena un paio di mesi fa.
Semplicemente, adesso cerca di recuperare maldestramente qualche voto provando a rifarsi una verginità.
Del resto, se lo avevano fatto diventare “uno statista” dopo i decreti sicurezza, magari è capace che qualcuno ci caschi anche adesso, che ne sai? Mai mettere un limite alla memoria da pesce rosso degli italiani.
In pratica, al momento, Di Maio (il populista) gioca a fare il Renzi fuori tempo massimo, mentre Conte (il populista, poi “responsabile” e adesso boh) tira il più possibile la corda con Draghi per fingere di essere contrario a una cosa che ha già votato. Un po’ come Salvini, in pratica.
Stando bene attento, almeno per ora, a non far cadere il Governo.
Che c’è stato il taglio dei Parlamentari (voluto da loro) nel frattempo: chi glielo dice alla massa dei peones che hanno messo lì dentro che devono rinunciare a un sacco di mesi di stipendio? Non scherziamo.
In tutto questo, quello che manca, come sempre, è la Politica, quella con la “P” maiuscola, quella degli ideali, delle idee, delle convinzioni (giuste o sbagliate che siano).
È una pura, semplice, squallida, tristissima, lotta per la sopravvivenza.
Siamo un Paese meraviglioso.