DI GIORGIO CREMASCHI
Sono stati massacrati dall’azione combinata della polizia spagnola e di quella marocchina. Poi probabilmente nella fuga dai lacrimogeni della Guardia Civil e dalle pallottole dei militari del Marocco si sono anche travolti e schiacciati tra loro.
I migranti morti al muro di Melilla, residuo in Africa dell’impero coloniale spagnolo, sono ufficialmente 37. Ma nessuno saprà mai le dimensioni di questa strage ai confini dell’Europa.
Il primo ministro spagnolo, il socialista Sanchez, ha subito vantato la difesa dei confini della patria, come fecero i governanti di estrema destra polacchi appena prima della guerra. Sanchez si è anche complimentato con gli assassini marocchini che hanno fatto il lavoro più sporco.
Prima la Spagna riconosceva i diritti del popolo Saharawi, le cui terre sono da decenni occupate illegalmente dal Marocco. Il quale però ha fatto capire che se questo sostegno al popolo oppresso fosse continuato, la Spagna avrebbe dovuto cercarsi altre guardie di frontiera.
Così il governo spagnolo ha abbandonato i Saharawi, mentre quello del Marocco si è preso in carica i migranti. Come fanno i libici con noi e Erdogan con tutta la UE.
Si vendono popoli e si pagano governi criminali perché difendano le sacre frontiere dell’Europa, fino in Africa ed Asia.
I migranti che vengono respinti, rinchiusi nei lager, massacrati dai nostri aguzzini a pagamento, quelli che vengono deportati fino in Ruanda, hanno tutti in comune la pelle più scura. Più di quella degli ucraini, gli unici a cui la civilissima Europa ha aperto le frontiere. Non sono ucraini e debbono morire sul muro di Melilla, o sul filo spinato ungherese, o sul terreno ghiacciato polacco.
Questo è semplicemente il vecchio razzismo coloniale europeo che torna altre forme, per commettere le stesse infamie contro la grande maggioranza dell’umanità. Che sempre più disprezza ed odia il libero, ipocrita, sfruttatore razzista, Occidente. Con ragione.