MISSIONI MILITARI ITALIANE A DEBITO: ANCHE QATAR, MOZAMBICO ED EST EUROPA

DI ENNIO REMONDINO

 

Tre nuove missioni militari italiane all’estero e la politica nel pallone. «Missione bilaterale di supporto alle Forze armate del Qatar per garantire la sicurezza in occasione dei “Mondiali di calcio 2022”». Poi la Nato Globale in Mozambico e  il potenziamento della presenza nell’area del fianco Sud-Est anti Russia. Queste le principali novità nel ‘Decreto Missioni 2022’ ora all’esame delle Camere. Poco il detto, molto il non detto.

Seminascosta, anche un po’ di Ucraina

Più consistente tra tutti  l’impegno italiano targato NATO «per rafforzare il “Fianco Est” alla luce del conflitto in Ucraina». Più di mille militari con 380 mezzi in Bulgaria (750) e Ungheria. Il costo stimato è di 39,5 milioni, «di cui 15 coperti con obbligazioni esigibili nel 2023», annota burocraticamente la Difesa. La prima missione militare ufficialmente a debito. Peggio, ovviamente, quelle a perdere.

Qatar, mondiali di calcio, gas e petrolio

La missione in Qatar dovrebbe impegnare fino a 560 militari con 46 mezzi terrestri, un pattugliatore d’altura (PPA) della Marina e due velivoli. Affiancare le forze qatarine nel gestire il controllo e la protezione dello spazio aereo e marittimo anche contro le minacce portate da droni, velivoli lenti e missili nonché di assicurare controlli anti terrorismo e anti-IED, i cosiddetti ordigni esplosivi improvvisati. La missione avrà un costo di 10,8 milioni di euro ma in questo caso l’Italia conta certamente in un  qualche generoso ritorno energetico.

Mozambico, islamisti e petrolio

«L’obiettivo della missione è formare e sostenere le forze armate mozambicane nella protezione della popolazione civile e nel ripristino della sicurezza e della protezione nella provincia di ‘Cabo Delgado’ dove da tempo è in atto un’insurrezione islamista che minaccia lo sfruttamento delle risorse energetiche». In realtà, un impegno solo simbolico poiché è prevista una presenza massima di 15 militari che opereranno dalle basi di Maputo, Chimoio e Katembe.

Ultimi 30 anni quadruplicate le missioni

Dal 1945 a oggi l’Italia ha partecipato a 151 missioni militari all’estero. E il dibattito sull’invio di armi all’Ucraina ha riacceso le luci sul tema della spesa militare italiana. Finisce la Guerra Fredda  ma aumentano gli impegni militari. Dopo la caduta del Muro un incremento verticale del numero di missioni militari. Dalle 5 di media degli anni 90, si è arrivati alle 37 (forse) attualmente in corso.

Multilateralismo e scaricabarile

Cambio di scenario geopolitico mondiale e un nuovo multilateralismo spesso pasticciato col coinvolgimento di enti sovranazionali politici (come l’Unione Europea), militari (la NATO) o ibridi (le Nazioni Unite). Indicativo il dato sui cui sarebbe forse utile discutere, che dopo il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, il nostro paese è il primo per numero di soldati impiegati in missioni NATO.

Il ‘Mediterraneo allargato’

Sino a trent’anni fa gli impegni militari italiani erano concentrata nei Balcani, travolti dalla disgregazione Jugoslava e dal forte nazionalismo albanese. Poi un graduale spostamento su spinta esterna. Prima il Medio Oriente, seguendo la guida americana in Iraq e Afghanistan, ora l’area del Nordafrica e del Sahel, definita con accorta malizia “Mediterraneo Allargato”.

Fallimento delle ‘Missioni di pace’

Il recente fallimento della “War on Terror” in Iraq e Afghanistan, la gestione della caccia a Osama Bin Laden, la guerra in Libia e la crisi economica del 2008 hanno incrinato il mito delle missioni di pace e corretto almeno in parte le volontà politiche. Nel luglio 2021, il Parlamento aveva approvato a stragrande maggioranza una serie di manovre che prevedranno un numero massimo di 9mila militari impegnati nelle missioni in tutto il mondo.

La situazione attuale nota

Attualmente –e prima della novità Quatar, Madagascar e fronte Sud-Est Nato-, ci sono soldati italiani impegnati in Bosnia Erzegovina, Romania, Iraq, Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Lettonia, oltre a quelli delle operazioni Sea Guardian, EUNAVFOR Med Irini, Frontex e NATO Standing Naval Forces, nel Mediterraneo. Altri contingenti operano in Mali, Libano (con 1076 militari nel 2020), Cipro, Sahara Occidentale, confine tra India e Pakistan, Somalia, Repubblica Centrafricana, Stretto di Hormuz, Egitto, Kuwait, Malta, Libia, Niger, Gibuti e Palestina.

151 missioni militari italiane all’estero

Dal 1945 a oggi l’Italia ha partecipato a 151 missioni militari all’estero. Di queste, 132 (l’87%) è iniziata dopo la fine della Guerra Fredda, con un incremento enorme dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Un quarto (37) sono state nei Balcani, 29 nell’Africa Subsahariana, 28 nel Mediterraneo Allargato, 25 in Medio Oriente, 18 in Europa (Balcani esclusi), 10 in Asia, 4 in America Centrale.

Le principali missioni prorogate

  • In Europa:
  • Joint Enterprise della Nato nei Balcani: 1.490 effettivi al massimo, con 367 mezzi terrestri e due aeromobili al seguito;
  • Eulex-Kosovo, con 28 effettivi al massimo ed otto mezzi terrestri;
  • Eufor Althea in Bosnia-Erzegovina: 66 effettivi al massimo senza alcun mezzo;
  • Sea Guardian della Nato nel Mediterraneo: due navi con due aeromobili e 240 uomini al massimo;
  • Eunavformed Irini nel Mediterraneo: con una nave maggiore, due aeromobili ed un massimo di 406 effettivi impiegati.
  • In Asia:
  • Unifil in Libano, con un massimo di 1.169 uomini, 368 mezzi terrestri, una nave e 7 aeromobili;
  • Missione addestrativa in Libano, 160 uomini al massimo, una nave ed un aeromobile;
  • Coalizione anti-Daesh: 650 effettivi al massimo, 97 mezzi terrestri ed 11 aeromobili. Costo di oltre 217 milioni;
  • Missione Nato in Iraq: 610 effettivi al massimo, 100 mezzi terrestri ed otto aeromobili;
  • Personale di supporto logistico impiegato negli EAU, Kuwait, Bahrein, Qatar e a Tampa: 145 effettivi con due aeromobili.
  • In Africa:
  • Missione bilaterale di supporto in Libia: un massimo di 400 effettivi, 69 mezzi terrestri e due aeromobili;
  • Missione di supporto alle autorità del Niger: 350 effettivi, 100 mezzi terrestri e sei aeromobili;
  • Task Force Takuba nel Sahel: 250 effettivi, 44 mezzi terrestri ed otto aeromobili (al momento rientrati in Italia);
  • MFO in Egitto: tre navi e un massimo di 78 effettivi;
  • Missione navale europea Atalanta: una nave, due aeromobili ed un massimo di 199 effettivi;
  • EUTM Somalia (un massimo di 167 effettivi con 33 mezzi terrestri), l’EUCAP Somalia (15 efettivi)
  • Addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane, delle forze armate gibutiane e dei funzionari yemeniti: 75 effettivi;
  • Personale nella base nazionale italiana a Gibuti: 147 effettivi con nove mezzi terrestri al seguito.
  • Rinnovate le seguenti operazioni:
  • Operazione Mare Sicuro nel Mediterraneo con 6 navi, inclusa quella che assiste a Tripoli la Marina libica, otto aeromobili e fino a 774 effettivi;
  • Il dispositivo aeronavale nel Golfo di Guinea, una nave con due aeromobili ed un massimo di 190 effettivi;
  • Partecipazione alla Emasoh nel Golfo Persico, con una nostra nave, due aeromobili ed un massimo di 200 unità;
  • Partecipazione NATO per la sorveglianza dello spazio aereo alleato, la sorveglianza navale dell’area sud, la presenza in Lettonia e l’Air Policing.

Le spie sul campo e i conti finali

“Trenta milioni vengono stanziati a sostegno dell’attività intelligence dell’AISE a supporto delle missioni all’estero. In totale, l’impegno complessivo oltremare per quest’anno è quantificato in una forza massima impiegata pari ad 8.505 effettivi, un dispiegamento medio di 5.978, ad un costo di 1,171 miliardi di euro”.

 

Editoriale del 12 Luglio 2022

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