DI ENNIO REMONDINO
Il dollaro è la valuta con cui si regola il prezzo del petrolio e di molte materie prime. Euro più debole, per noi tutto più costoso.
Per la prima volta in vent’anni, ed è un segnale di grave sfiducia verso l’economia europea, ma le conseguenze sono ancora difficili da valutare, avverte il Post. Fine di un lungo periodo in cui l’euro era ‘moneta rifugio’. Dal 2008, quando un euro valeva 1,6 dollari, ma ancora all’inizio di quest’anno quando un euro valeva 1,15 dollari circa.
Poi l’invasione russa in Ucraina e la guerra americana a Mosca, col mercato delle valute a svelare chi paga il conto più salato.
Inflazione, guerra e salute reale delle economie
«La parità di euro e dollaro dipende da vari fattori, a partire da come le banche centrali hanno reagito all’aumento dell’inflazione, da eventi esterni come la guerra in Ucraina e dalle prospettive delle economie di Stati Uniti e zona euro», precisa il Post. «In generale, il rafforzamento del dollaro e l’indebolimento dell’euro è stato interpretato come un segnale di pessimismo per l’economia dell’Unione Europea, e di relativa fiducia nei confronti di quella americana». A volersi fidare nonostante quel 9,1% di inflazione -dato di ieri-, e della crisi politica dell’amministrazione Biden.
Ma c’è Euro ed Euro
«Gli effetti di una valuta più debole su un’economia sono complessi da valutare, soprattutto nella zona euro, dove la valuta è la stessa ma le caratteristiche delle economie dei singoli paesi europei sono assai diverse», avvertono gli specialisti. Alcuni paesi con forti esportazioni potrebbero beneficiare di una valuta debole, perché i prezzi dei beni che vendono diventano più convenienti all’estero, e questo fornisce un vantaggio competitivo. L’Italia che vende molto turismo, su quel fronte sta guadagnandoci. Sul resto che deve comprare, prima di tutto l’energia e di questi tempi di guerra gli armamenti sofisticati modello Nato, è solo a perdere.
Dollaro forte, altro problema per l’Europa
Ma un dollaro forte è anche un problema per l’Europa e per gli altri partner commerciali degli Stati Uniti, soprattutto perché il dollaro è la valuta con cui si commercia in varie materie prime e fonti d’energia, a partire dal petrolio. Semplificando molto, «più il dollaro è forte e più per gli europei il petrolio è costoso», scrive il Post. Già adesso, l’aumento del costo dell’energia è la causa principale dell’aumento dell’inflazione, e questo potrebbe portare a ulteriori problemi.
Valuta forte America forte?
La ragione principale della parità tra euro e dollaro dipende soprattutto dal rafforzamento della valuta americana. Non lo decide l’andamento dell’economia ma la sua dimensione, crisi o non crisi del momento. «Negli ultimi mesi, il dollaro è diventato sui mercati internazionali la principale valuta rifugio, cioè la valuta su cui è considerato preferibile investire in periodi di difficoltà e incertezze finanziarie perché la si considera più stabile e solida rispetto alle altre». Oltre all’euro, anche la sterlina britannica e lo yen giapponese hanno perso molto valore rispetto al dollaro.
‘Valuta rifugio’
L’economia statunitense è molto più autosufficiente per quanto riguarda le materie prime chiave, in particolare il gas naturale. La maggior parte delle banche centrali si sta spostando rapidamente verso tassi neutri per contenere l’inflazione. La Fed, tuttavia, si sta muovendo molto più velocemente della Banca Centrale Europea, il che ha portato a un differenziale dei tassi di interesse del 3% circa. Questo vantaggio di rendimento del 3% a favore del dollaro Usa induce gli investitori a parcheggiare la liquidità in dollari, soprattutto in un mondo caratterizzato da una forte incertezza economica e geopolitica.
BCE, Lagarde guarda soltanto
«Al contrario, e per varie ragioni, la Banca centrale europea (BCE) è stata più timida: ha annunciato più tardi che avrebbe alzato i tassi d’interesse, e ancora non ha cominciato a farlo davvero», concede signorilmente il Post che poteva essere molto più severo. «Non è necessariamente una strategia peggiore di quella della FED, ma lo è stata per gli investitori, che sono interessati soprattutto a trovare la valuta rifugio con più possibilità di rimanere stabile e mantenere il suo valore». Anche se adesso sarebbe forse meglio guardare oltre euro e dollaro.
La guerra americana in Europa
La guerra in Ucraina, inoltre, con le sue grosse conseguenze economiche soprattutto in campo energetico, ha reso più probabile anzi, già parzialmente in corso, la recessione economica in Europa. Da fatto gli investitori vedono le economie europea e britannica come più deboli rispetto a quella americana, e hanno scommesso sulla possibilità che negli Stati Uniti non finiscano in recessione, o che ne siano comunque meno danneggiati. Noi Europa in recessione già ci siamo, gli Usa stanno per precipitarci anche ufficialmente.
Tra economia e finanza
«Molti analisti ritengono comunque che la parità tra euro e dollaro sia un momento notevole ma non sia un evento economico epocale: queste fluttuazioni esistono da sempre, ed è troppo presto per dire se costituiscano un trend che è destinato a durare». Lo dice l’economia, che il denaro lo impiega a produrre beni. Ma non è affatto chiaro cosa deciderà la finanza internazionale il cui obiettivo è quello di moltiplicare i suoi guadagni senza badare a quisquiglie umane.
“Wall Street Journal ha fatto notare anzi che sul medio periodo è interesse degli Stati Uniti abbassare il valore della propria valuta, perché un dollaro troppo forte potrebbe creare problemi alle esportazioni americane e danneggiare troppo le economie dei paesi alleati”.
Editoriale del 14 Luglio 2022
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