DI PIERO ORTECA
La Banca centrale europea (lo annuncia in prima pagina il Financial Times) alzerà i tassi di interesse di 50 punti base e smentisce se stessa. Quando, già nelle sabbie mobili della crisi, vedeva come nemico pubblico numero uno solo la “recessione”.
Perché l’inflazione (+8,6) è una tassa occulta, che se non puoi pagare, compri di meno. Quindi, per chi comanda, l’inflazione conviene più della recessione, che mette in moto altre ripercussioni sociali quasi dirette.
L’inflazione politicamente meno pericolosa della recessione
Coma detto più volte ormai, l’Eurozona è scossa da una ‘tempesta economica perfetta’. Il perverso sovrapporsi di stagnazione produttiva e inarrestabile inflazione sta mettendo a dura prova tutti i sistemi-paese del Vecchio continente. Abbiamo più volte indagato sulle cause: pandemia, alterazione del ciclo domanda-offerta post pandemico, “collo di bottiglia” nell’approvvigionamento di energia, materie prime e semilavorati, guerra in Ucraina e, da ultimo, inflazione dilagante a livello planetario.
Stessa sfida finanziaria, armi diverse
Le sfide finanziarie, nate dalla crisi, sono state affrontate in modo diverso. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve, anche se all’inizio ho sottovalutato il rialzo dei prezzi, si è poi data da fare, intervenendo ben cinque volte per ritoccare i tassi, il costo del denaro. Che oggi sono all’1,75% e che, secondo voci di corridoio insistenti, prima della fine dell’anno potrebbero arrivare anche al 3%. Nonostante questo attivismo, l’inflazione americana, a giugno, ha toccato un record del 9,1%. Una bomba a orologeria, che farà perdere a Biden le elezioni di Medio termine. Trasferiamo questo discorso, comparativamente, sul terreno europeo.
Scenari da brivido
Da mesi, accusiamo la Banca centrale dell’Unione di fare “politica”, piuttosto che dedicarsi ai suoi obblighi di vigilanza finanziaria. La BCE ha ignorato gli errori (poi parzialmente riparati) commessi dalla FED, e si è ostinata a tenere, addirittura, i tassi negativi, sotto lo zero. Aprendo il vaso di Pandora di un’ inflazione impetuosa che sta scompaginando apparati produttivi già messi in ginocchio dalla pandemia.
La bocciatura del Financial Times
Anche il Financial Times giudica severamente l’operato della BCE. “La maggior parte delle banche centrali di tutto il mondo – scrive Martin Arnold – ha reagito più rapidamente al continuo aumento dell’inflazione, poiché i prezzi dell’energia e dei generi alimentari sono stati spinti al rialzo dalle ricadute dell’invasione russa dell’Ucraina. Molte di queste banche hanno aumentato i tassi più del previsto”. Il quotidiano finanziario britannico, ha poi citato le politiche “virtuose” della FED, della Bank of Canada e della Banca centrale svizzera. Tutte pronte a reagire per arginare l’inflazione, prima che si “avvitasse”. Certo, non sempre con successo.
Euro-dollaro oltre la parità?
Resta, secondo il FT, il paragone impietoso con la BCE della Lagarde che, se dovesse (come pare) alzare veramente i tassi di 50 punti base, in pratica –calcolando l’inflazione-, li riporterebbe… a zero. Cioè, a una soglia tale da rendere l’euro ancora molto vulnerabile (ha già toccato la parità col dollaro) e, soprattutto, la dinamica dell’inflazione assolutamente fuori controllo.
Inflazione senza crescita
Va ricordato che l’istituto di Francoforte non alza i tassi di 50 punti base da ben 22 anni. Finanza allegra? Di più, “spumeggiante”, come uno champagne. Solo che, prima o dopo, bisogna passare dalla cassa. Se n’è accorta anche Christine Lagarde, che fino a due mesi fa vaticinava “piccoli interventi” sui tassi, perché “in tutto il mondo funziona meglio così”. Ma adesso che gira male, ha cambiato idea. Il Financial Times scrive che la signora ha dichiarato che “il gradualismo non è più appropriato”. E che bisogna intervenire di colpo (con forza) se si vuole evitare che l’inflazione esploda.
Contrordine compagni
Per ora, i baltici sono in rivolta, perché la loro inflazione è astronomica e un rialzo di 50 punti diventa solo un pannicello caldo. Vorrebbero di più. La verità su tutto l’affaire, comunque, è quella che andiamo ripetendo da settimane e che adesso ribadisce, autorevolmente, Frederik Ducrozet ( Pieter Wealth Managemen): “La ragione per un aumento dei tassi di 50 punti esisteva già e la BCE, probabilmente, avrebbe dovuto farlo molto tempo fa”. Questa incapacità di fare economia, ma di pensare solo alla politica, aggiungiamo noi, costerà a tutti i popoli dell’Eurozona un prezzo molto salato.
20 Luglio 2022