DI ALESSANDRO GILIOLI
Sono convinto, davvero, che nessuno nella direzione e nell’ufficio centrale della Gazza sia razzista.
Però hanno fatto questa cosa, di una prima pagina di bambini uno per squadra, tutti bianchi. Mentre basta andare in qualsiasi elementare del Paese, qualsiasi, per vedere che non è più cosi, il reale.
Perché lo hanno fatto allora?
Io un’idea me la sono fatta.
Per abitudine inconscia, per appartenenza interiore al mondo di ieri.
Quello in cui “noi” siamo i bianchi, mentre i neri (o le altre sfumature non bianche) sono gli altri, altri. Non parte di noi, della nostra società, del nostro presente.
È probabilmente la forma di pararazzismo più diffusa, anche nel profondo di chi si pensa oltre queste cose. Cioè quasi tutti noi. Non abbiamo fatto nostro, dentro, il fatto che essere di colori diversi dal bianco non vuol più dire essere stranieri, essere altro.
Non abbiamo fatto nostro, dentro, il fatto che quella italiana è e sarà sempre di più una società mista, e un giorno tanto mista da non riscuotere più alcun interesse il grado di sfumatura verso il diafano o il marrone.
Forse ci vuole tempo, come in tutti i grandi cambiamenti. Dai colleghi della Gazza, che io vi amo da pazzi, domani rimettete magari in terza pagina la copertina come avrebbe dovuto essere oggi, fareste un colpaccio dimostrando di aver capito, di voler migliorare.