DA REDAZIONE
Giorgia Meloni dopo essersi indebitamente appropriata dell’inno di Mameli ha sequestrato anche l’aggettivo “patriota”. Ma la storia ci dice altro.
Patriota e patriottismo
Un infondato luogo comune attribuisce il patriottismo alla destra, cosa tragica in passato e ridicola in tempi più recenti. Pare che Bruno Vespa abbia dichiarato da qualche parte che la sinistra aborriva la parola.
Ovviamente si tratta di una fesseria come dimostra questa foto che ritrae il Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini mentre decorava con la medaglia d’oro al valor militare il partigiano Giovanni Pesce, mitico comandante Visone dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP).
Avete letto bene: i gruppi partigiani che conducevano la lotta armata nelle città si autodefinivano “patriottici”.
La storia dei due patrioti ritratti nella foto serva a ricordarci la miseria del presente.
Giovanni Pesce a diciotto anni era andato in Spagna a combattere con le Brigate Internazionali in difesa della Repubblica dove fu ferito tre volte, poi fu confinato dal fascismo a Ventotene, nel 1943 fu l’organizzatore dei primi Gruppi di Azione Patriottica torinesi con Dante Di Nanni, e successivamente a Milano, fino alla Liberazione, fu comandante della 3ª GAP “Rubini”. Militante del PCI sarà tra i fondatori nel 1991 del Partito della Rifondazione Comunista.
La motivazione del conferimento della Medaglia:
“Ferito ad una gamba in un’audace e rischiosa impresa contro la radio trasmittente di Torino fortemente guardata da reparti tedeschi e fascisti, riusciva miracolosamente a sfuggire alla cattura portando in salvo un compagno gravemente ferito… In pieno giorno nel cuore della città di Torino affrontava da solo due ufficiali tedeschi e dopo averli abbattuti a colpi di pistola, ne uccideva altri due accorsi in aiuto dei primi e sopraffatto e caduto a terra fronteggiava coraggiosamente un gruppo di nazifascisti che apriva intenso fuoco contro di lui, riuscendo a porsi in salvo incolume… “.
Umberto Terracini, ebreo comunista, era stato al fianco di Antonio Gramsci nell’Ordine Nuovo e tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia. Partecipò ai primi congressi dell’Internazionale Comunista confrontandosi direttamente con Lenin. Arrestato nel 1926 fu l’antifascista che subì la più pesante condanna da parte del Tribunale Speciale, 22 anni e 9 mesi, scontati fino al 1937 in carcere e poi al confino a Ponza e Ventotene. Sarà liberato nel 1943 e parteciperà alla Resistenza nella Repubblica partigiana dell’Ossola. Sempre vicino alle posizioni di Gramsci già dal 1930 aveva dissentito dalla linea imposta da Stalin del socialfascismo (assimilazione della socialdemocrazia al fascismo) e nel 1943 fu espulso dal partito.
Dopo la Liberazione rientra nel PCI e viene eletto nell’Assemblea Costituente di cui diverrà presidente. La Costituzione reca in calce la sua firma. In prima fila in tutte le lotte sociali e civili del dopoguerra, negli anni ’70 si schiererà contro la linea del “compromesso storico” ritenendo la DC espressione degli interessi capitalistici. Morì nel 1983. Rossanda sul Manifesto lo ricorderà come “un comunista libero”.
Durante la Resistenza i partigiani giustamente definivano “traditori della patria” i fascisti che combattevano al fianco delle truppe occupanti hitleriane.
L’antifascismo declinò la parola patria in un senso democratico, sociale e internazionalista come testimonia la nostra Costituzione rifiutandone l’uso reazionario, nazionalista e guerrafondaio proprio del fascismo.
Il movimento operaio e socialista aveva sempre rifiutato le ideologie patriottiche e nazionaliste con cui le classi dirigenti capitaliste, imperialiste e colonialiste avevano mandato a scannarsi in guerra i proletario legittimato l’assoggettamento di altri popoli.
Il fascismo usò il nazionalismo e il patriottismo per cancellare le libertà popolari, la legittimità della lotta di classe e della stessa democrazia estremizzando le ideologie prodotte dall’età dell’imperialismo.
La Resistenza si presentò come secondo Risorgimento e i partigiani si consideravano giustamente patrioti, quelli comunisti intitolarono le loro Brigate a Garibaldi.
Certo l’idea di patria per cui si battevano Pesce e Terracini era ben diversa da quella di Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, non era quella di chi predica la xenofobia né quella dei paradisi fiscali.
La trovate in tante lettere di condannati a morte della Resistenza, come Pietro Benedetti, comunista, che scriveva alla moglie:
“Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono vostri fratelli (…). Se con la mia morte tu ed i miei figli avrete perso il mio amore e il mio sostegno, vi resterà un amore e un sostegno più grandi: quello dell’umanità finalmente libera, che accoglierà nella sua grande famiglia gli orfani e le vittime di questa vasta tragedia”.
Articolo di Maurizio Acerbo dalla redazione di:
22 Agosto 2022