PUTIN CATTIVO MA EUROPA PASTICCIONA, L’ACCUSA DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

DI PIERO ORTECA

 

 

Il Fondo monetario internazionale severissimo boccia le politiche monetarie dell’Eurozona e chiede una riorganizzazione dei poteri di prestito dell’UE e delle regole del debito.
Questa volta i colpi arrivano da un organismo che non può essere sospettato di parlare come “amico di Putin”. Il Fondo monetario internazionale, boccia la BCE e complessivamente la politica economica e fiscale dell’Unione.

Intanto petrolio e gas affossano le Borse. L’Europa brucia 58,7 miliardi. Pesano le decisioni di Gazprom di tenere chiuso il gasdotto Nord Stream e dell’Opec di tagliare la produzione di greggio di 100mila barili al giorno

Garbatissimamente feroci

Ieri, la massima istituzione mondiale della finanza ha tirato fuori un paio di documenti, garbati nella forma, ma durissimi nella sostanza, con l’Unione, i suoi responsabili politici, la BCE e tutto il suo apparato di esperti. In sostanza, gli analisti del Fondo bocciano le politiche monetarie dell’Eurozona e chiedono “una riorganizzazione dei poteri di prestito dell’UE e delle regole del debito”. Aggiungendo che “la riforma del quadro fiscale del blocco non può aspettare ed è necessario un nuovo fondo, per combattere la recessione”.

Le finanze pubbliche amministrate male

Al Fondo monetario accusano i governi europei (e i commissari dell’Unione) di gestione fallimentare dei rischi di bilancio. Vuol dire che le finanze pubbliche sono state amministrate male, soprattutto in questa fase di crescenti sfide economiche e di “tempesta perfetta”, che ha visto tutti i mercati andare in fibrillazione. A Washington, sede del Fondo e non solo del governo Usa, ritengono indispensabile una riforma fiscale europea, che armonizzi i sistemi nazionali e renda possibile un’efficace politica monetaria unica, da parte della Banca centrale. Nell’attesa, si dovrebbero creare fondi comuni di intervento, sul tipo del Next Generation EU, sul quale però si sono sovrapposti gli effetti perversi della pandemia.

I 27 diversi pezzi d’Europa

Andrebbe benissimo anche un serbatoio finanziario, come quello da 800 miliardi, costituito per arginare il Covid e i suoi devastanti effetti sui mercati. Ma al Fondo monetario allargano le braccia: “ma quale solidarietà, qui sembra che ognuno tiri per il suo”. Gli Stati del Nord Europa non ne vogliono sentire, e gli interventi di aiuto finanziario, già messi in cantiere, sono considerati dai Paesi più ricchi come “una tantum”. Il problema è simile, né più e né meno, alla storia del tetto per il prezzo del gas. Chi paga lo chiede e chi ci mangia sopra, invece, invita tutti “a riparlarne”.
Inutile dire che sulla questione dei deficit di bilancio, si incrociano e si sommano pressioni diverse: quella della pandemia, quella della guerra in Ucraina e, last but not least, il dilagare dell’inflazione a livello planetario. Una prima mossa strategica dell’Unione era stata quella di congelare il Patto di stabilità. Ma adesso, sostengono al Fondo monetario, l’inflazione ha complicato tutto e le Banche centrali sono obbligate ad alzare i tassi d’interesse, affrontando la conseguente e inevitabile recessione.

L’Unione negligente

E il Fondo monetario torna ad accusare l’Unione di negligenza, per non avere pensato ad attuare una riforma fiscale continentale in tempi di “tranquillità” finanziaria. Farlo ora sarà logorante, perché bisognerà essere flessibili al punto giusto, ma senza mettere a rischio i conti dello Stato, per non andare in default. Il Fondo, pare di capire, mette il dito nella piaga che è quella di una conduzione economica e finanziaria, da parte degli organismi europei, che invece si è rivelata di tipo strettamente politico. Probabilmente, aggiungiamo noi, la natura fortemente asimmetrica dei sistemi-paese dell’Unione rende difficile l’adozione di strategie monetarie omogenee. Sempre su questo tema FMI scrive: “Il quadro di bilancio nell’UE necessita di una riforma”.

Più regole e meno debiti

“Sebbene le norme di bilancio esistenti abbiano avuto un certo impatto nel limitare i disavanzi, non hanno impedito indebitamenti che in passato hanno minacciato la stabilità dell’unione monetaria, e che continuano a creare vulnerabilità oggi. Il contenimento dei rischi fiscali e la stabilizzazione della produzione. L’assenza di strumenti sufficienti per la stabilizzazione a livello dell’UE. Ciò è stato più evidente nel decennio successivo alla crisi del debito sovrano dell’area dell’euro, quando i tassi di interesse reali strutturalmente bassi hanno ampliato gli strumenti politici della Banca centrale europea, con un persistente sottodimensionamento del suo obiettivo di contenere l’inflazione”.

Sistema fiscale Europeo

Per finire, proprio ieri il Financial Times dedicava una breve riflessione al Commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni. Non sappiamo quanto ironicamente il quotidiano finanziario britannico abbia riportato le sue parole di ottimismo, sulla possibilità di riformare, omogenizzandolo, il sistema fiscale europeo.

 

Articolo di Piero Orteca, dalla Redazione di 

6 Settembre 2022

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PIERO ORTECA

Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale.